VOCE
Nucleare
13.12.2025 - 08:00
Il dibattito sul nucleare in Italia continua a essere segnato da resistenze e rinvii, legati soprattutto ai costi elevati e alle lunghe tempistiche dei progetti. Secondo Luca Romano, fisico e divulgatore, queste criticità non dipendono dalla tecnologia ma dalle scelte politiche, tra overregulation e instabilità normativa. Le soluzioni ingegneristiche esistono già, sostiene, ma la politica utilizza il tema dei piccoli reattori come strumento per rimandare decisioni più profonde e strutturali.
Una visione in parte condivisa da Pippo Ranci, professore e advisor all’European University Institute, che individua nella durata eccessiva dei progetti una delle principali fonti di incertezza economica. Più i tempi si allungano, più aumentano i rischi finanziari, rendendo complesso attirare investimenti. Il confronto si è svolto all’Ara Pacis di Roma, durante l’evento La Scossa – Il mix di energie per mettere in sicurezza l’Italia e la sua bellezza, promosso da Open con il sostegno di istituzioni nazionali ed europee.
A pesare sul consenso pubblico è anche una comunicazione spesso poco precisa. Andrea Malizia, professore associato di Misure e Strumentazioni Nucleari all’Università di Tor Vergata, ha sottolineato la differenza tra rischio e pericolo, concetti frequentemente confusi nel dibattito pubblico. Nel caso del nucleare, il pericolo potenziale è elevato, ma il rischio reale resta basso, data la scarsa probabilità di eventi gravi. Una distinzione che, secondo gli esperti, dovrebbe essere meglio compresa e trasmessa da chi fa informazione e divulgazione.
Il quadro europeo appare altrettanto contraddittorio. L’Unione alterna aperture e ripensamenti, considerando il nucleare una fonte pulita in alcune politiche e marginalizzandolo in altre. Un approccio ondivago che rallenta lo sviluppo industriale, nonostante il vantaggio tecnologico del continente. Romano evidenzia come l’Europa sia avanti rispetto alla Cina su tecnologie e brevetti, ma resti frenata da un sistema frammentato di enti regolatori nazionali, che costringe le imprese a ripetere le stesse verifiche in ogni Paese.
Nel percorso verso la decarbonizzazione, il nucleare viene indicato come una componente possibile di un mix energetico più ampio. Ranci ricorda che le fonti rinnovabili, pur centrali, sono intermittenti e dipendono da sole e vento. Il nucleare, in questo contesto, garantirebbe una produzione continua, fondamentale per il sistema elettrico e per le industrie con domanda costante. La questione dei costi, aggiunge, resta in parte congetturale e richiede un intervento pubblico chiaro, capace di definire l’impegno finanziario dello Stato.
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