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SALUTE

Uno spermatozoo su 20 porta mutazioni pericolose

Nuove scoperte scientifiche sulla qualità genetica degli uomini

Uno spermatozoo su 20 porta mutazioni pericolose

L'età paterna ha un impatto significativo sulla salute dei figli, una dinamica finora poco esplorata. Un nuovo studio pubblicato su Nature ha rivelato che, con l’avanzare dell’età, il rischio di trasmettere mutazioni genetiche potenzialmente pericolose aumenta in modo significativo, con uno spermatozoo su 20 che potrebbe essere portatore di varianti patogene negli uomini di 70 anni.

Grazie a una tecnica di sequenziamento avanzata, i ricercatori hanno identificato mutazioni che si accumulano progressivamente nelle cellule staminali testicolari. Con il passare del tempo, alcune di queste cellule, contenenti mutazioni, proliferano, diventando sempre più comuni nello sperma. Questo fenomeno, noto come "selezione spermatogoniale egoista", evidenzia come alcune mutazioni possano favorire la crescita delle cellule staminali, aumentando la loro presenza nei tubuli seminiferi e, di conseguenza, nei spermatozoi.

L'analisi di oltre 100.000 spermatozoi ha mostrato che negli uomini intorno ai 30 anni, circa uno spermatozoo su 50 contiene una mutazione potenzialmente patogena, mentre a 70 anni il rapporto arriva a uno su 20. Le mutazioni identificate sono associate a disturbi dello sviluppo neurologico e predisposizioni genetiche al cancro, aprendo nuove prospettive sulla comprensione del rischio paterno.

La ricerca ha anche messo in luce differenze tra il comportamento delle cellule testicolari e quelle di altri tessuti corporei, dove mutazioni simili si accumulano più rapidamente. Nel caso degli spermatozoi, infatti, l'invecchiamento avviene più lentamente e senza l'influenza di fattori esterni come fumo e alcol.

Sebbene la maggior parte delle mutazioni non porti a malattie, la presenza crescente di varianti patogene negli spermatozoi suggerisce che i rischi legati all’età paterna potrebbero essere stati sottostimati. Studi precedenti si concentravano soprattutto sul numero di mutazioni “nuove” trasmesse ai figli, senza considerare l’effetto di mutazioni che si espandono nel corso della vita.

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