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La paura atomica torna a farsi sentire

Ansia diffusa tra la popolazione, con donne e anziani tra i più preoccupati

La paura atomica torna a farsi sentire

La possibilità di una guerra nucleare continua a generare inquietudine profonda nel Nordest italiano, dove sette persone su dieci dichiarano di temere l’uso di armi atomiche nel prossimo futuro. Un sentimento che attraversa l’intera società, ma che si manifesta con maggiore intensità in alcuni gruppi, rivelando differenze significative legate al genere, all’età e alla condizione sociale.

Il ricordo delle devastazioni di Hiroshima e Nagasaki, colpite nel 1945 dalle prime bombe nucleari della storia, resta una ferita aperta nella memoria collettiva dell’umanità. Da allora nessun altro ordigno atomico è stato utilizzato in guerra, ma il possesso di queste armi ha continuato a rappresentare uno strumento di pressione politica e deterrenza strategica. Nel contesto dell’attuale conflitto tra Russia e Ucraina, la minaccia nucleare è tornata con forza nel linguaggio politico, contribuendo ad alimentare uno stato di allarme diffuso in tutto l’Occidente.

Secondo le rilevazioni condotte da Demos per l’Osservatorio sul Nordest, il 70% degli abitanti di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Provincia autonoma di Trento si dice molto o abbastanza preoccupato per un possibile impiego di armi nucleari nei prossimi mesi. Si tratta di una percentuale elevata che non scende mai sotto la maggioranza assoluta in nessun segmento sociale, a conferma di una tensione percepita come concreta e condivisa.

L’ansia risulta particolarmente marcata tra le donne, che mostrano un livello di preoccupazione nettamente superiore rispetto agli uomini. Anche l’età incide in modo evidente: sono soprattutto gli over 65 a esprimere i timori più forti, mentre tra i giovani adulti e le fasce centrali della popolazione l’allarme rimane comunque alto, ma più vicino alla media generale.

Le condizioni sociali e professionali contribuiscono ulteriormente a modellare questa percezione del rischio. Pensionati, disoccupati e casalinghe emergono come i gruppi più esposti sul piano emotivo, mentre studenti, lavoratori dipendenti e imprenditori mostrano livelli di preoccupazione leggermente più contenuti, pur restando significativi.

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