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Così Gregory è tornato a camminare e vivere

Una storia meravigliosa

Così Gregory è tornato a camminare e vivere

A 18 anni il futuro è appena davanti agli occhi, fatto di lavoro, sogni e di quella leggerezza che si dà per scontata. Per Gregory Frigato, ragazzo di Adria, tutto si è invece fermato all’improvviso. Nel giro di pochi giorni non riusciva più a camminare, vestirsi, usare le mani, neppure a deglutire. Oggi, a distanza di pochi mesi, Gregory è tornato a camminare, ha ripreso il lavoro ed è tornato ad essere un ragazzo come gli altri. Una storia di sanità pubblica che funziona, scritta dal lavoro dell’equipe dell’Uoc di medicina fisica e riabilitazione dell’ospedale di Adria.

Tutto inizia il 9 luglio, quando Gregory rimane coinvolto in un incidente stradale mentre rientra dal lavoro in moto; trasportato in elisoccorso a Rovigo, viene ricoverato in chirurgia per alcune fratture e un ematoma splenico. Dopo la dimissione, però, qualcosa non torna: compaiono formicolii alle mani, difficoltà a camminare, una debolezza crescente. Nel giro di venti giorni la situazione precipita. Gregory non si regge più in piedi, ma inizialmente il caso viene archiviato come una “psicosi post-trauma”. La situazione preoccupa la famiglia, che il giorno seguente lo porta al pronto soccorso di Rovigo, dove la diagnosi, dopo puntura lombare ed elettromiografia, cambia radicalmente: sindrome di Guillain-Barré, una malattia infiammatoria autoimmune rara e imprevedibile.

Non è stato possibile stabilire con certezza se l’insorgenza della sindrome sia stata in qualche modo correlata all’incidente stradale o se si sia trattato di una coincidenza: un interrogativo che, con ogni probabilità, resterà senza risposta. Il ragazzo viene ricoverato nella Stroke Unit del reparto di neurologia, dove trascorre altri venti giorni. Gregory perde dieci chili, inizia a peggiorare, fatica a deglutire, è paralizzato ai quattro arti. Lo colpisce una paralisi ascendente che coinvolge nervi e muscoli, lasciandolo completamente dipendente dagli altri. Dopo la terapia con immunoglobuline, arriva un primo timido miglioramento. E’ a questo punto che entra in gioco l’ospedale di Adria. Il 19 agosto Gregory viene trasferito all’Uoc di medicina fisica e riabilitazione e preso in carico con un progetto riabilitativo individuale intensivo.

“Qui la riabilitazione è davvero ‘su misura’ - spiega il dottor Marco Benelle, direttore dell’Uoc - C’è una grande attenzione alla persona, non solo alla patologia. Il rapporto umano è parte integrante della cura”. Il progetto è multiprofessionale, condiviso con la famiglia e orientato a obiettivi concreti: recuperare le autonomie di base, tornare a muoversi, riconquistare fiducia nel proprio corpo. In un solo mese di ricovero, Gregory passa dalla barella alle stampelle. Un progresso rapido, ma tutt’altro che scontato, frutto di un lavoro costante e coordinato. A colpire, però, non è solo il recupero fisico. E’ il modo in cui Gregory viene accompagnato anche dal punto di vista emotivo.

“Era fondamentale considerare che si trattava di un ragazzo di 18 anni - sottolinea il dottor Giovanni Greggio, dirigente fisiatra - Il percorso è stato costruito mettendo il paziente al centro, lavorando per progetti e coinvolgendo attivamente la famiglia. La riabilitazione non si esaurisce con la dimissione, ma continua fino al pieno raggiungimento degli obiettivi”. Ed è proprio parlando di quel periodo che la mamma, Monica Trombin, infermiera con 33 anni di servizio, si commuove: “Vedere Gregory tornare a muoversi è stato qualcosa di enorme - racconta con emozione - Qui ho trovato un servizio che considero d’eccellenza, un rapporto uno a uno, una cura autentica, una grande attenzione anche all’aspetto psicologico, non solo del paziente ma di tutta la famiglia". Nessuno faceva promesse, ma ogni giorno c’era un passo avanti. Di questo sarò sempre grata”.

Un valore umano che emerge anche dalle parole della coordinatrice fisioterapista Silvia Donà: “Non siamo un centro di eccellenza sulla carta, ma la nostra eccellenza sono le persone. La continuità delle figure di riferimento e il lavoro di squadra sono ciò che fa davvero la differenza”. Tra queste figure c’è Tommaso Roman, fisioterapista che ha seguito Gregory in tutto il percorso: “All’inizio era abbattuto, aveva perso la speranza. La prima cosa è stata costruire un rapporto di fiducia. Abbiamo lavorato rispettando i suoi tempi, aumentando gradualmente la complessità degli esercizi, con l’unico obiettivo di riportarlo alla sua vita”. “Ringrazio la direzione sanitaria per la sensibilità dimostrata verso la riabilitazione ad Adria - afferma il primario Benelle - ma soprattutto la mia equipe, il risultato raggiunto è merito loro”. Oggi Gregory cammina senza ausili, ha recuperato le sue abilità e ha ripreso il lavoro da meccanico a Rosolina che ama tanto: “Ringrazio tutti i dottori e soprattutto il mio fisioterapista Tommaso - dice - Avevo perso le speranze, ma mi hanno fatto ricredere”.

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