VOCE
politica
24.12.2025 - 07:00
L’auspicio del sindaco Valeria Cittadin per un 2026 più sereno stride un po’ con la chiusura politicamente turbolenta del 2025. Questo perché i mal di pancia per la nomina di Campanile ed il rimpasto delle deleghe si stanno facendo sempre più forti, sia dentro che fuori Fdi. Ad essere “scontenti” sono infatti i consiglieri comunali di FdI Marco Venuto, Elena Pavan, Sara Moretto, ossia l’area che fa riferimento al coordinatore comunale Matteo Zangirolami. Un segnale forte è arrivato già lunedì, con la nomina ancora da formalizzare, quando Venuto, Pavan e Sara Moretto hanno lasciato il consiglio comunale prima del voto al bilancio di previsione. E martedì Venuto e Moretto hanno saltato a piè pari anche la riunione della terza commissione consiliare, quella urbanistica per intendersi, in vista del consiglio comunale del 30 dicembre. Assenze comunicate e giustificate con motivazioni personali, certo, ma tant’è.
Chi invece non fa troppi giri di parole ed esprime tutte le proprie critiche alla nomina di Campanile è il capogruppo di Noi con Rovigo Antonio Rossini, che commenta: “Aspettare un anno per partorire ‘un topolino’ suona quasi come una presa in giro. Le deleghe assegnate a Campanile di ‘varie ed eventuali’ evidenziano il non peso politico del ruolo rispetto agli altri assessori. Di fatto, la prima a non avere fiducia nelle capacità politiche di Campanile è proprio il sindaco Cittadin. Altro che atto di nomina: questo è un atto di sfiducia travestito, che si traduce solo in un esborso inutile sulle spalle dei cittadini. Probabilmente ha ceduto a pressioni politiche ma quando una scelta appare forzata e poco convincente, la brutta figura ricade inevitabilmente su chi la firma. E in questo caso, purtroppo, è il sindaco”.
Di fronte a tutto questo, il neo assessore porge un ramoscello d’ulivo in pieno clima natalizio e afferma: “Sono disponibile al dialogo per ricompattare il partito. Personalmente non sono mai stato contro nessuno anzi sono l'assessore di tutti. Da me trovano tutti una mano tesa in segno di pace: siamo dello stesso partito, non ha senso farsi la guerra”.
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