VOCE
la storia
31.12.2025 - 07:00
“Ho fatto semplicemente il mio dovere: fare del bene alle persone, salvarle a ogni ora, in ogni giorno”.
Non poteva avere parole più lucide il medico Alberto Brolese, primario dell’unità operativa di chirurgia generale 2 e direttore del dipartimento chirurgico dell’ospedale Santa Chiara di Trento, protagonista, insieme alla sua equipe, della corsa contro il tempo che ha permesso di salvare il sessantenne che, per una lacerazione all’esofago, rischiava la vita. E al salvataggio che sta richiamando la cronaca nazionale, si aggiunge anche la volontà di una medaglia di benemerenza proposta dal sindaco adriese Massimo Barbujani.
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Nella mente del medico un unico pensiero: farcela contro l’orologio… e il traffico. “Ero ad Adria in famiglia per le feste, i miei collaboratori chirurghi mi hanno informato la mattina presto del 26; dalla prima diagnosi all’arrivo, il paziente era in condizioni di inoperabilità, oltre a essere intrasportabile. Ho capito subito la gravità nonostante mi trovassi in ferie, ho preso e mi sono messo in auto per raggiungere Trento” spiega il primario, ripercorrendo la rocambolesca avventura di quella giornata.
“Mentre ero in auto, la mia equipe ha stabilizzato il paziente, attraverso le operazioni rianimatorie e la pressione arteriosa e lo scambio dell’ossigeno nei polmoni, uno era completamente inondato, insieme al torace, di materiale alimentare (al seguito dei violenti conati dopo il pranzo in famiglia e le dosi di lenticchie, ndr). Percorso la Transpolesana sono entrato nell’autostrada del Brennero con la brutta sorpresa dei quasi 80 chilometri di coda fino al capoluogo trentino. Mi sono sentito una rabbia interiore perché non vedevo soluzioni veloci. Era circa mezzogiorno, ho deciso di buttarmi in corsia d’emergenza. Avevo molta paura ma dovevo mediare tra sicurezza e tempismo” aggiunge.
“Quando ho superato in corsa una pattuglia ferma sulla piazzola di sosta, ho sperato che mi inseguisse. Così è stato, dopo avermi chiesto il cognome e le motivazioni, i poliziotti si sono offerti di scortarmi all’ospedale. Grazie a loro sono arrivato con un tempismo eccezionale. La mia equipe (4 chirurghi) nel frattempo ha seguito il paziente”. Insomma, una delicatissima operazione durata quattro ore: “Appena terminato ho pensato tra me e me alla soddisfazione per quello che avevamo fatto e anche per i rischi corsi” commenta Brolese. Un ringraziamento, ha continuato, che va direttamente alla pattuglia della polizia: “Devo ringraziarli, non so come sarei arrivato, hanno dimostrato al volo di capire l’importanza del momento non chiedendomi subito tutti i documenti”.
Un’avventura, si può dire, a lieto fine per il medico che proprio ad Adria ha studiato al liceo “Galilei” prima di intraprendere gli studi a Padova. Ma la stessa città sull’Adigetto non è estranea alla sua persona: già vent’anni fa ha ricevuto la cittadinanza onoraria dall’ex sindaco Sandro Gino Spinello per i meriti relativi alla lunga carriera nel settore dei trapianti, specie per essere stato il primo ad operare nel ’97 un trapianto da un donatore vivente, in quel caso, da genitore a figlia.
“Sono onorato che il sindaco attuale, che è anche un amico, abbia pensato di farmi questo ulteriore riconoscimento. Spesso la categoria medica e quella sanitaria vengono attaccate troppo speso, sempre di più. Questo rischia di ridurre la vocazione dei giovani a intraprendere la professione, subentra una sorta di paura di fare il lavoro, dietro l’attività applicata c’è il rischio i una possibile denuncia, viene fatto troppo allarmismo” conclude il primario che già anticipa: “Dal 1 gennaio 2026, l’azienda per la quale lavoro cambierà nome e diventerà “Asuit” (azienda sanitaria universitaria integrata del Trentino). Sul fronte della chirurgia stiamo per acquisire l’ultima versione del robot da Vinci, ‘dv5’” .
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