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Economia

“Un anno di resistenza attiva”

“Il tema del capitale umano è oggi la vera sfida competitiva, forse più cruciale dell'energia”

“Un anno di resistenza attiva”

L’anno ormai concluso non è stato un anno facile per nessuno. Uno sguardo per analizzarlo dal punto di vista economico è quello di Carlo Scabin, imprenditore nel settore agroalimentare, vicepresidente di Confindustria Veneto Est con delega per il territorio di Rovigo, e componente del consiglio generale della Fondazione Cariparo.

Se dovesse sintetizzare il 2025 dell’industria rodigina, quali indicatori sceglierebbe e cosa dicono davvero sullo stato di salute del territorio? E qual è stato l’elemento più critico che avete dovuto gestire?

“Per descrivere l’anno che si sta chiudendo scelgo tre indicatori che emergono chiaramente: la produzione industriale, l’export e la tenuta occupazionale Il 2025 è stato un anno di ‘resistenza attiva’. La produzione industriale ha segnato una lieve flessione complessiva (-0,2%), ma con un recupero nell’ultima parte dell’anno (+0,3%) che indica una ritrovata vitalità. L’export, dopo un avvio incerto dovuto alla frenata della Germania, è tornato a crescere dello 0,8%, dimostrando che le imprese rodigine sanno diversificare verso mercati extra-Ue. L’occupazione resta solida, ma il vero dato è la difficoltà di turnover”.

Il tema energia continua a pesare su margini e investimenti: nel 2025 cosa è migliorato e cosa no per le imprese del Polesine? Quali interventi ritiene prioritari nel 2026 per ridurre strutturalmente il gap di competitività?

“Rispetto ai picchi del passato, nel 2025 abbiamo finalmente visto una stabilizzazione dei prezzi, ma il gap di competitività con i nostri concorrenti europei e americani resta troppo ampio. Molte nostre imprese hanno reagito investendo massicciamente nell’autoconsumo. Permane infatti sia il problema delle micro-interruzioni in alcune aree della Provincia, che la capacità della rete elettrica di ricevere il surplus dell’energia autoprodotta”.

Qual è oggi il principale collo di bottiglia infrastrutturale per Rovigo e provincia?

“Il limite principale non è solo fisico, ma di connessione logistica, la realizzazione della nuova Romea, il potenziamento della Transpolesana, il rilancio dell’Interporto di Rovigo come hub intermodale. Se riusciremo a connettere stabilmente le nostre aree produttive con i grandi corridoi europei, Rovigo diventerà il baricentro logistico naturale tra l’Adriatico e il Nord”.

Le aziende segnalano difficoltà nel reperire profili tecnici e specializzati: nel 2025 quali figure sono risultate più difficili da trovare e quali filiere sono più esposte?

“Il tema del capitale umano è oggi la vera sfida competitiva, forse più cruciale dell’energia stessa. I dati del nostro Centro Studi confermano che oltre il 45% delle assunzioni programmate dalle imprese del territorio è risultato ‘difficile’ o ‘impossibile’ da realizzare. Abbiamo assistito a una vera e propria caccia ai tecnici dell’automazione e della manutenzione predittiva, essenziali per l’industria 5.0, e ai tecnologi alimentari specializzati in sostenibilità dei processi. Sul potenziamento degli Its Academy, l’obiettivo per il 2026-2027 è aumentare del 25% i posti disponibili nei corsi tecnici post-diploma sul territorio di Rovigo. Gli Its hanno tassi di occupazione che sfiorano il 90% a sei mesi dal titolo. Dobbiamo far capire alle famiglie che questi percorsi hanno la stessa dignità e prospettive reddituali spesso superiori a molte lauree magistrali. L’obiettivo è incrementare del 15% le iscrizioni agli istituti tecnici e professionali e ai percorsi Stem, con un focus particolare sulla riduzione del gender gap, portando più ragazze a scegliere carriere tecniche. In sintesi, la nostra missione è trasformare Rovigo da ‘serbatoio di manodopera’ a polo di competenze specializzate”.

Guardando al 2026-2030, quali sono gli obiettivi misurabili che vorrebbe vedere raggiunti dalle imprese e dal territorio e quali leve servono per arrivarci?

“L’orizzonte 2030 per il Polesine non è solo un traguardo temporale, ma una soglia di sopravvivenza competitiva. I dati macroeconomici ci dicono che Rovigo, pur rappresentando circa il 5% del valore aggiunto regionale, sta mostrando una dinamicità nell’export superiore alla media veneta nei comparti di nicchia. Tuttavia, pesano la frammentazione del tessuto produttivo. In questo scenario sono misurabili degli obiettivi. Primo, il salto dimensionale e aggregazioni: la piccola dimensione oggi è un limite per l’innovazione 5.0. Senza massa critica, non si accede ai grandi capitali né si gestisce la complessità della transizione green; digitalizzazione e valore aggiunto, l’obiettivo è portare l’investimento in tecnologie 5.0 al 5% del fatturato annuo per le medie imprese. Non si tratta solo di comprare macchine, ma di usare i dati per ridurre gli scarti e ottimizzare i consumi. Secondo: finanza per la crescita. Serve un passaggio culturale, le imprese devono aprirsi al mercato dei capitali e a strumenti di finanza agevolata. Il sistema bancario sta cambiando i criteri di valutazione basandoli sui parametri Esg; chi non è sostenibile sarà fuori dal credito. Come Confindustria, dobbiamo accompagnare le Pmi in questo percorso di certificazione. Terzo, infrastrutture per l’export: dobbiamo agganciare il trend di crescita dei mercati extra-Ue (che nel 2025 hanno segnato un +2,1% per il nostro territorio). Per farlo, serve una logistica integrata che connetta l’interporto di Rovigo ai grandi hub europei in meno di 24 ore. Su questi obiettivi crediamo sia necessario un grande lavoro di squadra. Per questo crediamo che il ‘Tavolo delle politiche territoriali del lavoro e dello sviluppo del Polesine’ che abbiamo contribuito a costituire con la sottoscrizione l’11 dicembre scorso di tutte le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali”.

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