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TEATRO

Al Sociale arriva Michele Placido

Il popolare attore al centro dello spettacolo messo in scena con la regia di Paolo Valerio

Al Sociale arriva Michele Placido

 Domenica prossima Michele Placido protagonista al Teatro Sociale. Nuovo appuntamento con la stagione di prosa domenica alle 21, andrà in scena “La bottega del caffè” di Carlo Goldoni, con Michele Placido.

Il regista Paolo Valerio a proposito dello spettacolo ha detto che “Accogliamo e portiamo sulla scena tutta la vitalità e il divertimento della commedia, la comprensione che l’autore mostra per l’uomo - di cui ritrae con sottigliezza le virtù ed i lati oscuri - il suo amore viscerale per il teatro, per la scrittura, per gli attori, sulle cui potenzialità costruiva personaggi universali. Di questo testo meraviglioso è protagonista un microcosmo di persone che gravitano in un campiello veneziano”.

La trama. Ecco allora Don Marzio, il nobile napoletano che osserva seduto al caffè questo piccolo mondo e con malizia ne intriga i destini, interpretato dal carismatico Michele Placido. Lo attorniano figure tutte importanti, ognuna ambigua e interessante: una coralità in cui la pièce trova il fulcro del suo impeccabile meccanismo, che imprime ritmi vorticosi alle interazioni fra i personaggi. “Cosa succede? - continua il regista - nulla di clamoroso: qualcuno si rovina al gioco, due amanti si ritrovano e si perdonano, qualche sogno s’infrange… ma soprattutto si spettegola”. E ancora: nel perfetto meccanismo drammaturgico de “La bottega del caffè”, nella sua incantevole leggerezza, tante sono le tracce di questo lato d’ombra: basti pensare alle molte battute banali fra i personaggi (“che bella giornata… “pioverà”…), un linguaggio esteriore che cela situazioni destinate a degenerare e caratteri solo apparentemente limpidi.

“Ho voluto alludere - spiega il regista - a questo mondo sotterraneo richiamando il carnevale, a cui la commedia rimanda, attraverso alcuni momenti in cui gli attori si muovono in scena indossando delle bautte bianche. Maschere che servono a festeggiare ma anche a celare sentimenti e intenzioni: assieme all’aspetto in parte scheletrico della scenografia, segnano da un lato un legame con il mondo goldoniano e al contempo una frattura, un possibile uso simbolico e ‘altro’ degli elementi della tradizione”.

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