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Kasia Smutniak e il dramma dei muri

Al pubblico: “Non avrei voluto fare la regista, ma ho dovuto: il mio è un atto di militanza”

Kasia Smutniak e il dramma dei muri

“Io non avrei voluto fare la regista, ma ho dovuto: il mio è un atto di militanza”. Queste sono le parole di Kasia Smutniak, attrice italo-polacca, che ieri è stata ospite al cinema teatro Duomo, per presentare il suo film-documentario, intitolato “Mur”, evento inserito in un più ampio cartellone che anticipa la settimana dei diritti umani che si terrà a dicembre, anche nella nostra città, in occasione del settantacinquesimo anniversario dalla stesura della dichiarazione universale, di cui Michele Lionello ha presentato gli eventi.

“Il mio film - ha detto l’ideatrice della pellicola, rispondendo alle domande di Valentina Guglielmo di cinema teatro Duomo - è nato dall’istinto, dalla necessità di raccontare una vicenda umana di cui i media non parlano come se ci fossero nel mondo situazioni che valgono più di altre. Sono tornata in Polonia, la mia terra. Sentivo il bisogno di gettare luce sulla situazione dei migranti che sono ai confini dell’Europa, tra Polonia e Bielorussia, dove sono stati imprigionati tra fili spinati, senza più possibilità di avere contatti con altri”.

E continua: “Ho creato una rete, grazie ai social, e poi sono andata lì, con Diego Bianchi e con lui abbiamo registrato un reportage per il suo programma, Propaganda Live. Ho provato a parlare a chiunque, a diverse agenzie umanitarie e sono arrivata agli euro-parlamentari chiedendo aiuto per questa situazione. Con Marella Bombini, coautrice del film, abbiamo cercato di raccontare il dramma dei migranti che stanno morendo e nessuno racconta nulla. Lo abbiamo fatto fingendoci giornaliste e, dove non potevamo, passando inosservate, con solo un telefono e una mini-telecamera in mano. Il centro di tutto è un muro, il più costoso mai costruito in Europa e che mi ha ricordato quel muro di Berlino, a cui mi sento legata. Io volevo vedere questo nuovo muro, avrei voluto girare una serie sui muri, concreti o meno, che ci dividono, ma poco dopo è iniziata anche la guerra in Ucraina”. E ancora: “Abbiamo fatto tutto da sole perché i due operatori che erano con noi si sono spaventati e non hanno voluto proseguire”.

L’attesa è ora quella di vedere il film proiettato nei cinema polacchi per capire se susciterà il medesimo scompiglio che aveva suscitato “Green border”, pellicola di Agnieska Holland, che ha vinto il premio speciale della giuria alla mostra del cinema di Venezia. “Non so cosa aspettarmi - conclude Kasia Smutniak - e nemmeno dalla mia famiglia, in cui sono presenti diversi militari tra cui mio padre, che ancora non l’ha visto, ma che è nel film stesso.”

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