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teatro sociale rovigo

Shakespeare conquista la platea

l’ultima di prosa è un successo

Shakespeare conquista la platea

Grande chiusura della stagione di prosa del teatro Sociale di Rovigo con uno dei lavori più complessi di Shakespeare “Il mercante di Venezia”, nel raffinato adattamento firmato da Paolo Valerio ed interpretato da una valente compagnia, rodata da 110 repliche, alla guida del mattatore Franco Branciaroli.

Una commedia di tradizione immortalata dal tempo, che tuttavia continua a coinvolgere per le tematiche di sorprendente attualità, le quali si sono prestate da sempre a diverse letture, grazie ad un intreccio avvincente in cui si muove un crogiuolo di personaggi che, con i loro svariati punti di vista, a volte opposti, a volte simmetrici, tra travestimenti, inversioni delle parti e colpi di scena, rappresentano un variegato spaccato di umanità universale.

Tanto che viene spontaneo chiedersi chi sia veramente il “mercante”: il generoso Antonio (Piergiorgio Fasolo), che effettivamente pratica attività mercantile, o il perfido usuraio Shylock, che riduce tutto al denaro, anche i sentimenti; alla fine, accomunati dalla medesima logica, che oggi definiremmo imprenditoriale e affaristica. La loro dialettica - insieme al corollario degli altri personaggi con i propri sentimenti e vicissitudini - diventa occasione di riflessione su alcune problematiche del presente tuttora irrisolte nell’ambito delle relazioni sociali e di potere: dall’avidità e l’odio religioso, tra conflitti e tentativi di integrazione, ai valori dell’amicizia e della lealtà, che alla fine vincono nella confortante soluzione finale.

Un finale che tuttavia lascia agli spettatori alcuni interrogativi aperti, circa il sincero altruismo di Antonio o l’ottuso “anaffettismo” del suo antagonista, abilmente interpretato da un intenso Branciaroli, che riesce ad attirare il pubblico verso il suo personaggio con una punta di compassione, quasi empatica. Particolarmente apprezzato l’allestimento scenico a cura di Marta Crisolini Malatesta, allusivo alle calli veneziane come anche al secolare muro del pianto ebraico - impreziosito dai costumi di Stefano Nicolao e le luci di Gigi Saccomandi - capace di evocare le atmosfere cupe e violente di una Venezia cinquecentesca chiusa nell’antisemitismo, alla quale si contrappone l’arcadica Belmonte (regno dell’amore e della giustizia), i due luoghi da cui si dipanano le due trame parallele: il prestito concesso dall’usuraio ad Antonio con un insolito pegno di carne e il corteggiamento di Porzia con la scelta fra tre scrigni. Notevole l’apprezzamento unanime del pubblico, che ha contrappuntato la pièce con calorosi applausi e si è poi soffermato a lungo all’uscita in lusinghieri commenti.

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