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Il romanzo delle Valli Adriane

Una storia appassionante

Il romanzo delle Valli Adriane

Sacerdote, parroco, studioso del territorio e scrittore: un poker che caratterizza e qualifica il quinquennio di don Lucio Carlo Pollini alla guida dell’unità pastorale Ca’ Emo, Fasana e Botti Barbarighe.

Comunità che si appresta a salutare per approdare nella sinistra Adige dove il vescovo lo ha mandato a seguito della riorganizzazione di gran parte delle parrocchie della diocesi di Chioggia, per far fronte alla carenza di sacerdoti. Oltre a un forte e significativo impegno religioso e pastorale, don Lucio lascia un’altrettanto forte testimonianza di amore per il territorio (classe 1955, è originario di Brescia, ndr) grazie alla pubblicazione del libro “Valli Adriane”, uscito nel gennaio 2022.

Opera frutto in larga parte delle lunghe ore e interminabili giornate chiuse in casa a causa dei diversi lockdown provocati dalla pandemia del Covid. Il senso di questo lavoro è riassunto in poche parole da don Lucio: “Conoscere il proprio territorio è la prima e fondamentale condizione per amarlo”. E così il libro è dedicato a tutti coloro che abitano nelle Valli Adriane, a chi se ne è andato ma porta sempre nel cuore la nostalgia della propria terra natia. Ma non solo: il ricavato del libro, in libere offerte, è destinato ai progetti per la sistemazione delle tre chiese.

In occasione della presentazione, Fabiano Paio, attuale dirigente scolastico con funzioni ispettive in Umbria, l’ha definito “un romanzo storico, opera narrativa ambientata in epoche passate, una ‘passeggiata’ in ben 11 secoli di storia, con un’accurata ricostruzione attraverso atmosfere, costumi, usanze, condizioni sociali e mentalità dei personaggi. Le vicende descritte – sottolinea Fabiano Paio - fanno riferimento ad eventi accaduti e documentati, mentre i personaggi sono realmente esistiti anche se alcuni sono presentati in forma di finzione”.

Ed ecco come don Lucio spiega la propria fatica storico/letteraria, dimostrando prima di tutto che l’umiltà esalta la grandezza di una persona. “A che cosa serve questo romanzo storico?” si domanda. E risponde: “A rilassarsi con la lettura, a conoscere e a far conoscere alle generazioni future un passato di antiche vestigia e di uomini che sono rimasti anonimi nella storia, un esercito di miseri e poveri, sgabello dei cosiddetti ‘grandi’. Ma proprio questi miseri e poveri, con la loro storia personale e con grandi sacrifici e innumerevoli sofferenze, hanno contribuito alla trasformazione del paesaggio che da palude (un grande stagno) è diventato un ubertoso terreno (una mare verde)”.

L’incipit del libro ha una sapore quasi manzoniano. L’autore esordisce dicendo che “il protagonista di questa narrazione è il raggio che si dirama nella vasta distesa della pianura del Mediopolesine nota con il nome di Valli Adriane, incastonato come una gemma fra tre comuni: Adria, Cavarzere e Pettorazza Grimani”.

E ancora: “Nello specchio triangolare Adria-Cavarzere-Pettorazza c’erano i laghi di Lezze (oggi ridimensionato a un minuscolo bacino) e di Ramato (scomparso del tutto, ma “sopravvissuto” nelle carte conservate nei musei Vaticani, insieme all’agglomerato di case a cui dava il nome), quindi boschi estesi dove scorrevano il Tartaro e il Filistina (oggi scomparsi) lasciando il posto all’Adige, alla Botta Rovigata, al Ceresolo, all’Adigetto (fiume e naviglio) e al Canalbianco”.

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