VOCE
palazzo roverella
24.01.2025 - 15:00
Dal 21 febbraio al 29 giugno 2025 a Rovigo a Palazzo Roverella si terrà la prima mostra italiana dedicata a Vilhelm Hammershøi (Copenaghen, 1864-1916), il più grande pittore danese della propria epoca, uno dei geni dell’arte europea tra fine Ottocento e inizio Novecento. A promuoverla è la fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, con il sostegno di Intesa Sanpaolo. La mostra, prodotta da Dario Cimorelli Editore, è a cura di Paolo Bolpagni.
Del grande artista danese giungerà a Rovigo un nucleo fondamentale di opere, selezionate da Paolo Bolpagni nella rarefatta produzione dell’artista. Allievo prima di Niels Christian Kierkegaard e Holger Grønvold, poi di Frederik Vermehren alla Kongelige Danske Kunstakademi, e infine di Peder Severin Krøyer, debuttò nel 1885. Da anni è ormai in atto la sua riscoperta a livello internazionale: grandi e importanti mostre a lui dedicate sono state realizzate a Parigi al Musée Jacquemart-André, a Tokyo al National Museum of Western Art, a New York alla Scandinavia House, a Londra alla Royal Academy, a Monaco di Baviera alla Kunsthalle der Hypo-Kulturstifung, a Toronto alla Art Gallery of Ontario, a Barcellona al Centre de Cultura Contemporània, a Cracovia al Muzeum Narodowe etc. A oggi, mancava ancora una retrospettiva italiana, che ponesse nel giusto risalto la figura di Hammershøi, protagonista appartato ma fondamentale dell’arte di fine Ottocento e del primo quindicennio del XX secolo.
“La mostra di Palazzo Roverella, tuttavia, non si propone semplicemente di offrire al pubblico un’occasione per conoscere più da vicino le opere di un pittore straordinario, riconoscibile per l’intimismo minimalista dei suoi interni e per l’atmosfera inquieta che si sprigiona da un apparente rigorismo, ma di scandagliare filoni di ricerca rimasti finora pressoché inesplorati: da una parte il rapporto tra Hammershøi e l’Italia, dall’altra il confronto con artisti europei soprattutto coevi che, con sfumature diverse, praticarono una poetica basata sui temi del silenzio, della solitudine, delle ‘città morte’, dei ‘paesaggi dell’anima’. I francesi Émile-René Ménard, Henri Duhem, Lucien Lévy-Dhurmer, Charles Marie Dulac, Henri Le Sidaner, Charles Lacoste e Alphonse Osbert, i belgi Fernand Khnopff, Georges Le Brun e William Degouve de Nuncques, gli olandesi Jozef Israëls e Bernard Blommers. E, beninteso, gli italiani: Umberto Prencipe, Giuseppe Ar, Oscar Ghiglia, Vittore Grubicy de Dragon, Mario de Maria, Giulio Aristide Sartorio, Vittorio Grassi, Orazio Amato, Umberto Moggioli, Domenico Baccarini, Giuseppe Ugonia, Francesco Vitalini, Mario Reviglione”, anticipa il curatore.
“Hammershøi - sottolinea Paolo Bolpagni - viaggiò varie volte nella Penisola, visitò Roma, collezionò cartoline con vedute di città, e soprattutto rifletté sull’antichità classica e guardò ai cosiddetti Primitivi: Giotto, Beato Angelico, Masolino, Masaccio, Luca Signorelli, Desiderio da Settignano. Benché abbia dipinto una sola opera di soggetto italiano (che sarà in mostra), durante le proprie permanenze esercitò un’attenzione estrema e recepì spunti e insegnamenti, che contribuirono a delineare il suo personalissimo linguaggio. Non bisogna del resto ignorare il ruolo che il canonico soggiorno a Roma rivestiva tradizionalmente nella formazione dei giovani artisti danesi”.
“Gli spunti di ricerca, insomma, non mancano, e l’obiettivo della mostra è di far luce su di essi, anche sulla base di indagini documentarie che svelino aspetti inediti, e di riflessioni critiche che approfondiscano filoni meritevoli d’interesse, dal topos della figura ritratta di spalle al motivo degli interni silenziosi e dei paesaggi privi di presenze umane, dall’isolamento umano di Hammershøi alla ‘povertà’ cromatica dei suoi dipinti”.
A essere per la prima volta approfondito sarà poi il rapporto di Hammershøi con l’Italia: “Dalle ricadute iconografiche (per esempio con la sua raffigurazione della Basilica di Santo Stefano Rotondo al Celio, visitata nella capitale) alla presenza di lavori dell’artista in mostre dell’epoca, come la Quadriennale di Roma del 1911, per concentrarsi in special modo sugli accostamenti e confronti con la poetica e i soggetti di pittori italiani, anche con l’indagine dell’impatto che la visione diretta o la conoscenza in riproduzione di opere di Hammershøi esercitò fino all’incirca agli anni Trenta del Novecento”.
A completare il percorso sarà una originale comparazione di carattere tematico e stilistico tra la produzione di Hammershøi e i dipinti di artisti coevi. Ad accompagnare la mostra, un ampio catalogo edito da Dario Cimorelli editore con saggi originali del curatore Paolo Bolpagni e di Claudia Cieri Via, Luca Esposito, Francesco Parisi e Annette Rosenvold Hvidt.
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