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La magia del “Fútbol” argentino

Ripercorsa l’epopea del calcio sudamericano con le storie di Cesarini, Sivori, Maradona

La magia del “Fútbol” argentino

Il calcio non si guarda, si ascolta. Con La Milonga del Fútbol Federico Buffa al teatro Sociale ha inaugurato, domenica scorsa, la nuova stagione di Musikè, la rassegna di musica, teatro, danza della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, portando in scena un vero e proprio ritratto teatrale del calcio argentino, dove il pallone diventa lo spunto per parlare di emigrazione, identità e sentimento collettivo.

Guidato dalla regia di Pierluigi Iorio, Buffa è affiancato sul palco dall’attrice e cantante Mascia Foschi e dal pianista e arrangiatore Alessandro Nidi, già collaboratore di Paolo Conte. Voce, musica e canto costruiscono una partitura scenica in cui le vite di Renato Cesarini, Omar Sivori e Diego Armando Maradona si rincorrono come traiettorie incrociate, con continui salti in avanti e indietro nel tempo che mettono in dialogo tre epoche diverse del calcio argentino.

La struttura dello spettacolo è quella del viaggio. Si parte da Buenos Aires, città “di tutti e di nessuno”, dove sbarcano i migranti italiani con un bagaglio minimo e una vita da reinventare. Nei conventillos affollati i letti sono condivisi e le lingue si mescolano. In questo ambiente nasce il lunfardo, un gergo ibrido che combina dialetti italiani, spagnolo e parole inventate. Sono gli stessi ambienti da cui nascerà anche il tango, la musica degli ultimi, destinata a diventare uno dei simboli dell’identità argentina e della sua cultura popolare.

Su questo stesso terreno di incroci e mescolanze prenderà vita anche il calcio. Portato dagli inglesi e subito “riscritto” dagli argentini, il gioco esce dai circoli britannici e si diffonde nei quartieri popolari, riempiendo cortili, piazze e campi polverosi: come il tango, diventa una lingua comune, fatta di stile, colpi inventati e del gusto di fare le cose in un altro modo. Buffa ricorda che “gli inglesi hanno inventato il calcio, gli argentini l’amore per il calcio”, ed è da qui che prende avvio il cuore sportivo della serata.

Si comincia con Renato Cesarini, ragazzo dei quartieri popolari di Buenos Aires e acrobata di circo, poi mezzala della Chacarita, fino al trasferimento alla Juventus. Buffa tratteggia quindi Enrique Omar Sivori, nato a San Nicolás e cresciuto nei potreri, dove si impara a dribblare tra pietre e buche: un allenatore in camice ne intuisce il talento, l’esordio con il River Plate con quattro goal lo consacra fenomeno, poi gli anni italiani, la Juventus e Gianni Agnelli, il soprannome Cinémon.

Il cuore emotivo della serata è dedicato a Diego Armando Maradona. Buffa ricostruisce la nascita in un ospedale intitolato a Evita Peron, i primi passi nel barrio, la ferita dell’esclusione dal Mondiale del ’78, fino agli anni di Napoli. Qui il racconto si sposta idealmente sotto al Vesuvio, una città intera che vive e si esalta per un numero dieci venuto dall’altra parte dell’oceano. Il tono si fa infine più cupo e struggente per ricordare gli ultimi giorni di Maradona. Lo spettacolo intreccia continuamente le tre storie, alternando episodi e punti di vista e tornando più volte su passaggi chiave per metterli in relazione tra loro. La regia di Pierluigi Iorio accompagna questo movimento con un impianto scenico sobrio: giochi di luce e proiezioni con foto d’epoca, video e immagini legate al racconto in un insieme che ne sottolinea i momenti più evocativi.

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