L'attacco di un mediatore culturale nigeriano in merito agli atti vandalici a Corte Romana a Frassinelle per impedire l'arrivo dei profughi: "I giornalisti plasmano l'opinione pubblica".
ROVIGO - Chi è stato ad allagare i tre piani della palazzina nord del complesso Corte Romana, a Frassinelle Chiesa, a spaccare i balconi, a distruggerne gli allacciamenti della corrente, e forse anche a comporre una inquietante croce con le assi strappate dagli infissi? Se gli inquirenti ancora non ne sono venuti a capo, dovrebbero farsi un serio esame di coscienza, perché la risposta è esattamente sotto i loro occhi. Perché a compiere il raid vandalico a quanto pare è stata la stampa italiana, e la “Voce” in particolare.
O almeno, ne è convinto Ekejiuba Moneshue Chubi, un mediatore culturale (“Lavoro con la prefettura di Rovigo, e anche con quelle di Venezia, Padova e Ferrara, e collaboro con diversi soggetti che si occupano di accoglienza, tra cui anche la cooperativa sociale Porto Alegre”, si presenta) che ieri ha esposto, nella nostra redazione, la sua singolare teoria. Ma sì, quanto avvenuto - ha detto - è frutto dei “giornalisti, che scrivono per fare accadere le cose. Quanto successo a Frassinelle è avvenuto a causa di quanto è stato scritto in queste settimane. Leggendo i giornali, vedo che la situazione dell’immigrazione in Italia sta prendendo una piega sbagliata: i giornalisti plasmano l’opinione pubblica in un certo senso, aumentando il malumore della gente”. Accuse neanche troppo velate.
Per il mediatore culturale, originario della Nigeria (“Vengo dal Delta del fiume Niger, ma sono qui da molti anni”, racconta) bisognerebbe piuttosto “vedere gli aspetti positivi della nostra presenza in Italia. Noi siamo già qui, e la società italiana dovrebbe trarre benefici da questa nostra presenza. Come fanno all’estero”.
Ecco la ricetta: “Io vado in Germania e Olanda, vedo come funziona. Ci sono dei finanziamenti europei, rivolti agli artigiani e ad altri datori di lavoro. Grazie a questi soldi, si possono assumere gli immigrati, insegnando loro un mestiere. A fare il pane, per esempio, o le tecniche di mietitura, o anche soltanto a raccogliere i rifiuti. Poi se queste persone decideranno di restare qui, daranno il loro contributo alla vostra economia e combatteranno gli effetti della crisi, mentre se decideranno di tornare al loro paese d’origine potranno insegnare ad altri quanto hanno appreso portando sviluppo. E’ questo il canale su cui bisognerebbe puntare, anche qui a Rovigo”. Facile, no?
“Tra quarant’anni - conclude Chubi - la metà dei lavoratori in Italia non saranno italiani. Dovreste riflettere su questo dato”.
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[i]Gentile Ekejiuba Moneshue Chubi, non dovrebbe sfuggire a nessuno, tantomeno a uno che si definisce mediatore culturale, che la prima regola da insegnare a chi arriva in Italia è il rispetto della democrazia. E democrazia è anche il diritto-dovere di un giornale di informare i propri lettori. Scrivere dove verranno alloggiati i profughi, tantopiù in piccole realtà, è un dovere di informazione verso chi ci risiede. Questo non significa dare giudizi, ma semplicemente raccontare la realtà.
Ed è un dovere tantopiù quando ci si trova di fronte ad una spesa effettuata con soldi pubblici. Perché di questo si tratta. Quei 36 euro a profugo, grazie ai quali anche lei lavora, sono di tutti i cittadini (che paghi lo Stato o l’Unione europea non cambia). Tutto il resto c’entra davvero poco, e sono solo luoghi comuni triti e ritriti. Ma per chi si vuole realmente integrare non accettare le basi della democrazia, dove ci può essere anche chi la pensa diversamente da lei, non è davvero un bel viatico. [/i]
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