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Bovini dopati: uno su 17 era stato... gonfiato

Il processo

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Bovini in stalla (foto d'archivio)

L'ultima tranche della maxi inchiesta della procura di Rovigo è arrivata in aula a Ferrara. Alla sbarra in due per un allevamento di Ariano ferrarese che secondo l'accusa dopava i bovini.
Nuovo passaggio in un'aula giudiziaria per la maxi inchiesta della procura di Rovigo su un giro di bovini dopati scoperto tra la provincia di Rovigo, la Bassa padovana e l’Alto ferrarese.



Le indagini erano partite dall'allora pm di Rovigo Alberto Savino. Nel mirino erano finiti alcuni allevatori che, grazie a veterinari compiacenti dell’Ulss di Adria (siamo nel 2005/2006), gonfiavano gli animali con sostanze proibite.



Il placet medico-veterinario permetteva poi l’immissione nel mercato di alimenti potenzialmente pericolosi per la salute. Le carni dopate provenivano da aziende agricole della zona di Monselice, Piove di Sacco, Brugine, Adria e Ariano ferrarese.



Il processo originario si è concluso con tre condanne per adulterazione di sostanze alimentari e falso ideologico a carico dei veterinari, una prescrizione e una condanna per adulterazione di sostanze alimentari.



Un'ultima tranche del procedimento è invece arrivata ora al Tribunale di Ferrara dove sono comparsi davanti ai giudici, con l'accusa di adulterazione di sostanze alimentari un mediatore di Monselice e un allevatore di San Pietro Viminario.



Nell’allevamento di Ariano ferrarese i carabinieri avevano trovato positivo alle sostanze (desometazone e clenbuterolo, utili a ‘gonfiare’ le carni degli animali e aumentarne quindi il prezzo di mercato) un bovino su 17.



La sentenza è attesa per il prossimo mese di maggio.
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