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Il velo (integrale) della discordia

Il caso

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Fa discutere la presenza di donne coperte col burqua. Per l’imam: la donna ha facoltà di scegliere”. Rosito: la nostra società non lo permette.
Coperta dalla testa ai piedi, una fessura per consentirle di osservare i propri figli giocare al parco dietro le Due Torri. La donna mussulmana (che fosse di sesso femminile si intuiva dalla voce) che domenica mattina ha sfoggiato il velo integrale ha suscitato - inutile negarlo - i commenti di tutti i frequentatori dei giardini. Lo stesso effetto che probabilmente in una spiaggia del mare Carsico susciterebbe una donna in bikini.


La sensazione che provoca un abbigliamento che copre totalmente è di chiusura, di muro. Anche se i divieti fanno a pugni con un paese libero. E anche se gli islamici assicurano che per la loro religione è solo una questione di “rispetto e protezione della donna”.


Lo ripete spesso l’imam Rachid Hambi, di Adria, molto impegnato nell’integrazione tra la comunità islamica e quella polesana. “La nostra religione lascia libere le donne di utilizzarlo. Ma è ovvio che se c’è la necessità di farsi identificare o di fare una visita il velo si può togliere, allo scopo di identificazione o medico. Lo scopo dell’islam non è mettere i musulmani in difficoltà ma proteggere il bene della donna, che può anche toglierlo”.
Poi continua: “In Marocco quando una donna va per fare un documento chiedono di togliere il burqa e di mettere solo l‘hijab (il velo che copre testa e contorno del viso, ma lascia scoperti i lineamenti ndr). Si possono scoprire viso e mani”.
Ma mettere il burqa non è come mettere un muro alla comunicazione, all’integrazione? “Io non penso che sia un muro - risponde Rachid - perché tra amiche si può anche togliere il velo. Le donne possono comunque sceglierlo. Se l’uomo lo impone questo deriva dall’ignoranza della religione”.


Il consiglio comunale, lo scorso anno, sull’onda della legge regionale che vietava il velo integrale ha votato una mozione che invitava la giunta a vietare il burqa nei luoghi pubblici per ragioni di sicurezza. Ne era nata una discussione che in parte riprende il consigliere di Presenza Cristiana Alba Rosito: “La mia idea è che nella nostra società non è più consentito andare con il viso completamente coperto. Le persone devono essere riconoscibili, non è questione di religione, ma di leggi e di norme che impone la società odierna, con le sue ragioni di sicurezza. Dunque condivido che il velo da noi non va bene”.


Poi aggiunge: “Al momento non c’è una proposta sui regolamenti, ne abbiamo tanti a cui stiamo mettendo mano, perché sono fermi al 1950, ma non c’è al momento una proposta per regolarsi in caso di velo”.


Per Giorgia Businaro, esponente del Pd, la questione si tira fuori “ad arte” per distogliere l’attenzione da problemi più gravi e contingenti. “A me personalmente - aggiunge - vedere una donna con il burqa non dà alcun fastidio, non crea alcun problema, anche se a Rovigo non mi è mai capitato di vedere una donna con il velo integrale”.


Businaro inoltre ribadisce che “la discussione che era nata con la mozione della Lega era eccessiva. Scoprire il volto nei posti pubblici è disposto da una legge nazionale e dunque la legge proposta dalla regione Veneto è una cosa in più rispetto alla normativa. La normativa nazionale è chiara il volto deve essere scoperto: caschi passamontagna e burqa sono vietati. Vale per le donne musulmane come per i ragazzini a una manifestazione”.
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