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CASO COIMPO

Contro i fanghi inquinanti anche il ministero

Parte il maxi processo

Contro i fanghi inquinanti anche il ministero
ADRIA - Il quarto patteggiamento era arrivato lo scorso 6 ottobre (LEGGI ARTICOLO), mentre altri tre erano arrivati a maggio (LEGGI ARTICOLO). Due, quindi, gli imputati rimasti a processo, nell'ambito della maxi indagine condotta dai carabinieri forestali di Rovigo e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Venezia, che a dicembre scorso ha visto eseguire sei misure cautelari, mentre sono complessivamente 41 le persone indagate (LEGGI ARTICOLO). Al centro di tutto, l'attività di Coimpo (ora fallita) e Agribiofert (in liquidazione), due ditte che condividevano lo stabilimento in località America, Ca' Emo, Adria, occupandosi del trattamento di fanghi da depurazione e similari, per spanderli poi sui campi. Si tratta dello stesso stabilimento nel quale, il 22 settembre del 2014, morirono quattro persone, soffocate da una nube tossica, generatasi secondo il trattamento dei fanghi. Vicenda oggetto di un distinto procedimento penale (LEGGI ARTICOLO). Secondo la ricostruzione accusatoria, in realtà, nel corso del trattamento dei fanghi, sarebbero stati saltati alcuni procedimenti previsti dalla legge, per massimizzare il quantitativo di materia che era possibile trattare nell'unità di tempo e, quindi, i guadagni. In questo modo sui terreni agricoli sarebbero finiti anche potenziali inquinanti. Una ipotesi simile a quella al centro di una seconda inchiesta, coordinata dalla Procura distrettuale antimafia, questa volta di Firenze, per presunti spandimenti non a norma di fanghi sui terreni agricoli toscani, ma sempre provenienti dal Polesine (LEGGI ARTICOLO). Nella mattinata di martedì 27 novembre, di fronte al giudice Laura Contini, si è aperto il procedimento a carico dei due unici imputati, dei sei destinatari di misure cautelari a dicembre, che hanno scelto di non patteggiare la pena: Gianni Pagnin, 66 anni, di Noventa Padovana, e Mauro Luise, 57 anni, di Adria. Per tutti i restanti indagati del fascicolo non oggetto di misure è previsto un secondo processo, che presumibilmente, quindi, avrà un cammino parallelo, ma distinto, a questo. Tra le parti civili costituite alle precedenti udienze, il ministero dell'Ambiente, la Regione del Veneto, la Provincia di Rovigo - che ha depositato la doppia ordinanza con la quale chiede a Coimpo e Agribiofert di avviare le analisi dei terreni oggetto di sversamento per capire se effettivamente ci sia stato inquinamento (LEGGI ARTICOLO) - i Comuni di Adria e Pettorazza e l'associazione ambientalista Legambiente. Il processo è quindi entrato nel vivo, con l'audizione del maresciallo dei carabinieri forestali Davide Trevisan, all'epoca dei fatti comandante della stazione della Forestale di Adria. "L'indagine cominciò a seguito dell'incidente mortale - ha spiegato - Con la visione, su delega della Procura, delle riprese della videosorveglianza dal 26 agosto 2014 alla data dell'incidente". E' in questa fase che, pressoché immediatamente, sarebbero emerse evidenti irregolarità nella gestione dei fanghi, con contestuale segnalazione alla Procura distrettuale antimafia. Successivi approfondimenti, tramite intercettazioni ambientali e videoregistrazioni avrebbero consentito di rafforzare l'ipotesi degli inquirenti. Trevisan ha quindi spiegato come l'attività di smaltimento irregolare sui campi di migliaia e migliaia di tonnellate di fanghi non a norma sarebbe proseguita anche dopo il quadruplice incidente mortale. Il tutto con un evidente vantaggio: Coimpo non avrebbe stabilizzato i fanghi, come prescritto dalle autorizzazioni, mentre Agribiofert non avrebbe prodotto il feritilizzante, partendo da quei fanghi, come invece avrebbe dovuto fare.  
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