VOCE
ROVIGO
13.02.2020 - 22:53
ROVIGO - Il 14 febbraio, festa degli innamorati, coincide anche con la giornata mondiale dell'epilessia. Valentino da Terni, santo e martire cristiano, infatti, oltre a essere patrono degli innamorati è anche protettore degli epilettici.
L'epilessia, ancora oggi, è una malattia molto stigmatizzata, quasi un tabù, verso la quale prevale uno spirito di diffidenza. La parola epilessia significa 'essere colti di sorpresa' e, nell'antichità, era anche chiamata 'il morbo sacro' essendo considerato un intervento diretto della divinità nella vita dell'uomo. Per questo abbiamo deciso di intervistare il dottor Roberto L'erario, direttore UOC Neurologia, e la dottoressa Monica Zamagni, responsabile del centro epilessie dell'ospedale di Rovigo.
"L'epilessia è una malattia che è ancora molto stigmatizzata alla quale, nel passato, erano legati a miti o luoghi comuni che, ancora oggi, ci trasciniamo dietro - racconta la dottoressa Zamagni - Questo non fa che aumentare la diffidenza verso questa malattia e la rende più difficile da accettare. È una malattia del giovane, nella maggior parte dei casi la patologia viene curata perché si tratta di una malattia molto studiata dove, anche dal punto di vista dei farmaci, ci sono molte ricerche ed investimenti. Questo, nella maggior parte dei casi, la rende una malattia compatibile con un tipo di vita normale, non è facile, invece, l'accettazione. Conoscere l'epilessia significa anche saperla accettare e averne meno paura".
Zamagni prosegue: "La stragrande maggioranza dei pazienti epilettici svolge una vita assolutamente e del tutto e sono indistinguibili dal resto della popolazione. Poi c'è una piccola quota di pazienti, i cosìddetti farmaco resistenti o che hanno un'epilessia lesionale, la cui vita, per questo, potrebbe subire delle limitazioni; ma ribadisco, si tratta davvero di una percentuale bassissima".
"Quando si parla di epilessia, anche se sarebbe più corretto parlare di epilessie, al plurale, si parla di una malattia cronica che quindi si ripresenta nel corso del tempo. Nel caso in cui si verifichi una sola crisi epilettica si parla di attacco convulsivo e qui i fattori che lo determinano possono essere diversi - continua il dottor L'erario - Proprio per questo motivo, tendenzialmente, la prima crisi non viene trattata (dal punto di vista farmacologico) perché potrebbe trattarsi di un episodio isolato. Poi, naturalmente bisogna capire cos'abbia determinato la crisi epilettica. Se i pazienti epilettici sono circa l'1% della popolazione, la percentuale di popolazione che ha avuto un singolo attacco convulsivo può salire fino al 5%".
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