VOCE
LA LETTERA
02.03.2020 - 16:48
Nel 1974 Luciano Caniato scrisse un libro dal titolo “Rovigo una città inconclusa”. Nel dire ciò non pensava certo solo alle questioni urbanistiche, ma denunciava che il comportamento delle classi dominanti esterne aveva determinato una vocazione subalterna delle classi dirigenti locali. Dopo l’unità d’Italia questo retaggio culturale non mutò. Non riuscì a liberare quel bisogno di autocoscienza urbana e civile necessaria a formare un tessuto “rinascimentale” come lievito culturale. L’alluvione del 1951 ne rappresentò una ulteriore radicalizzazione. Da allora gran poco è cambiato. Anche le polemiche di questi giorni sul centro storico ne sono la conferma. Oltre a ciò i cosiddetti “vuoti urbani” rappresentano il prodotto di scelte urbanistiche imposte prevalentemente dall’esterno. Ma che non vi sia mai stata la possibilità di una autorevole ed autonoma visione locale di sviluppo? Proprio no! Oltre che inconclusa anche inconcludente; indipendentemente dal colore delle amministrazioni che si sono succedute. A Rovigo tanti depositi nelle banche che diventano salvadanaio per alimentare gli investimenti di altre realtà. Ora, per di più, si è anche formalizzata la dipendenza organica della classe imprenditoriale con Venezia.
Il territorio rodigino è sempre stato visto soltanto come una realtà da attraversare senza nessun vero elemento di attrazione utile alla definizione di relazioni d’interesse diffuso. Una costante ed endemica crisi delle idee e delle volontà ha sempre impedito l’autonoma espressione di una scelta strategica. Ci si è sempre limitati a gestire, tra polemiche, le emergenze che erano conseguenza delle scelte esterne. Si è sempre rinunciato ad agire, tra i lamenti dei troppi campanili polesani, nella costruzione di una concezione dinamica che invertisse lo squilibrio tra il risparmio prodotto e la carenza di investimenti produttivi. Questa situazione non può perpetuarsi. E’ necessario agire. Indignarsi non basta. Non serve, tra l’altro, dividersi sul passato. E’ il futuro che ci deve impegnare. Soprattutto la definizione di una reale strategia di coordinamento nella ricerca di filiere e mercati globali che devono stimolare una Rovigo davvero competitiva. Ma il fatto che stia emergendo un rinnovato e più coinvolgente impegno della classe intellettuale può produrre apertura e aria nuova. Può dare un senso più dinamico alla costruzione di quell’autocoscienza che diventa lievito progettuale. Già il fatto di incominciare a parlare di Innovation Lab anche da noi costituisce elemento di novità e scelta utile per il superamento e la guida del policentrismo polesano. Ma anche il nuovo modo di porsi e di operare dell’Accademia dei Concordi più rivolto a visioni applicative e sociali, meno ancorato alla retorica di un pensiero paludato, può condizionare la produzione di lievito sociale e politico.
Rovigo 27 febbraio ’20
Gianni Nonnato
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