VOCE
AGRICOLTURA
23.10.2020 - 20:24
ROVIGO - Le patate vengono pagate 20 centesimi al chilo agli agricoltori, poi finiscono sugli scaffali della grande distribuzione a prezzi che oscillano tra 1,40 e 1,80 euro. L’insalata passa dall’euro e mezzo riconosciuto al produttore ai 2,48 euro chiesti ai consumatori; l’aglio schizza da 3,40 euro fin anche alle soglie dei 12 euro al chilo; la cipolla subisce un rincaro, lungo la filiera, di 1,68 euro al chilo passando dagli 80 cent pagati al contadino ai 2,48 con cui viene etichettata al supermercato. E via così.
Il paradosso dei rincari è stato “scoperto” da un recente studio di Cia Rovigo. Che sottolinea, in particolare, come in provincia il caso più clamoroso sia quello delle patate: i passaggi nella filiera valgono un rincaro del 900%. “Bisogna agire presto, altrimenti rischiamo il ko”, il grido d’allarme dell’associazione di categoria.
Sì perché in un momento in cui aumentano le vendite degli ortofrutticoli (+12,2%), crescono i prezzi finali degli stessi sugli scaffali, (fino ad un +30%), mentre diminuisce (o, se va bene, rimane invariato) il valore in termini economici riconosciuto agli imprenditori agricoli. Gli ultimi dati di uno specifico report sull’andamento del settore, a cura di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), presentano un quadro a dir poco paradossale.
“E’ la legge del mercato al contrario - precisa la Cia Rovigo - invece che incrementare, i guadagni per i produttori scendono, in alcuni casi in maniera esponenziale. A rischio la tenuta del comparto”.
La criticità, analizzando i dati in maniera precisa e puntuale, è però rappresentata dal gap fra quanto viene riconosciuto all’imprenditore e il prezzo al consumo, ovvero quello che viene applicato sugli scaffali. Nel Polesine, stando ad un recente studio predisposto da Cia Rovigo (sulla scorta degli ultimi bollettini di informazione diramati dal mercato ortofrutticolo di Lusia), questa differenza è talvolta abissale. L’esempio più significativo e clamoroso è quello delle patate: pagate al produttore 0,20 centesimi al chilo (ormai da diversi mesi), oggi si trovano nei supermercati della provincia tra 1,40 e 1,80 euro al chilo. Il rincaro, nella filiera, è addirittura del 900%. L’insalata gentile è pagata all’imprenditore 1,50 euro al chilo, nei market rodigini costa, in media, 2,48 euro; i finocchi sono pagati un euro al chilo, nei supermercati a 2,48 euro al chilo. Altro caso di studio è quello dell’aglio: al produttore vanno 3,40 euro al chillo, il consumatore lo porta a casa per una cifra compresa tra i 7,14 euro e gli 11,99 euro al chilo. Come il sedano: 0,65 euro al chilo al primo step, che diventano 1,98 euro al chilo nelle strutture di vendita commerciali. Infine, le cipolle bianche: 0,80 euro al produttore, che incrementano fino a 2,48 euro per il consumatore.
“Questi sono dati oggettivi, che nessuno può confutare - sottolinea il presidente di Cia Rovigo, Giordano Aglio - rincari di tale portata, che riscontriamo lungo tutta la filiera, non hanno alcuna giustificazione”. Più in generale, osserva, “ci troviamo a fare i conti con un paradosso. La vendita di ortaggi e frutta continua a registrare un trend più che positivo, anche dopo il lockdown, eppure ai produttori rimangono solamente le briciole”.
In pratica, questi ultimi stanno lavorando in perdita, o quasi. “Se è tanto, alla fine dell’anno arriveranno al pareggio di bilancio - aggiunge - tutti questi passaggi gonfiano i prezzi finali, con svantaggi pure per i consumatori”.
Mentre agli imprenditori agricoli, appunto, non viene riconosciuto il giusto guadagno. “In un contesto in cui sta tornando prepotentemente l’emergenza sanitaria, la filiera agroalimentare, che fornisce un servizio essenziale alla popolazione, incredibilmente viene ancor più bastonata. Un’assurdità, se pensiamo che il mondo agricolo sta dimostrando un profondo senso di responsabilità nei confronti della cittadinanza”.
Qualcuno, tra le pieghe della filiera, se ne sta dunque approfittando. “Le nostre tipicità sono garantite e supercontrollate e, fra le altre qualità, rappresentano l’essenza della genuinità. Oggi più che mai va incentivato il consumo di prodotti made in Italy”.
“Le istituzioni - conclude Aglio - sono chiamate a dare delle risposte concrete, immediate. Altrimenti l’agricoltura è destinata a naufragare in tutta Italia. Sarebbe un disastro”.
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