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CEREGNANO

Storie dell'Alluvione, di lacrime, coraggio e fede

La toccante vicenda del Cristo Alluvionato

Storie dell'Alluvione, di lacrime, coraggio e fede

Il prossimo mese ricorre il 70esimo anniversario dell’alluvione in Polesine e ricorre anche la festa del Cristo “Alluvionato”, ovvero la scultura lignea ritrovata durante l’alluvione e di cui in parrocchia a Lama Polesine si ricorderà l’evento il prossimo mese. La storia la racconta la signora Paola Munaro, che scrive: “Dopo venti giorni di piogge ininterrotte i due grandi fiumi Po e Canalbianco, canali e scoli sono pieni di acqua; gli argini fragili e melmosi franano in più punti e la paura di giorni funesti si fa sempre più certa. La parola che ricorre spesso fai nostri vecchi che osservano il moto delle acque, scuotendo la testa, è sempre quella, sommessa, quasi a scongiurarne la possibilità e la paura: “La Rotta”. Presto il Po rompe gli argini, anche gli scarni annunci della radio non sono confortanti: ”Il Po è a livello strada, lungo le strade arginali e nelle parti più basse dei paesi sono sempre più frequenti i fontanazzi””.

La paura è tanta. “Si dorme vestiti e con i fagotti pronti per sfollare in fretta, in perenne ascolto del rumore delle acque. Il quattordici novembre del 1951, mentre si pranzava con gli occhi rivolti dalla parte del Po, ecco avanzare con un ruggito rabbioso dai campi la marea nera e melmosa; in un attimo tutto viene travolto e sommerso: un grande deserto di fango, emergono solo le cime degli alberi, fra pianti, urla disperate, richiami, sembra la fine del mondo”, continua il suo racconto la signora Munaro. “Poche ore per spazzare via un paese, i progetti e le aspirazioni. Vecchi, bambini e le donne ospitati in paesi lontani, solo gli uomini sono rimasti a custodire le case per recuperare quel poco rimasto in piedi”.

Qui inizia la storia del Cristo: “Un nostro paesano, sposato due giorni prima della rotta, lascia la moglie a Fasana, una piccola frazione fra Adria e Ceregnano. Solo il primo dicembre prende il coraggio a due mani e parte in barca verso Fasana per riabbracciare la sua sposa: unico riferimento le cime degli alberi ed i campanili”.

Fu nel ritorno che, nel buio della sera, intravide una forma indefinita sull’acqua ancorata ad un albero, ma non si fermò, perché la notte avanzava e temeva di non trovare la via del ritorno. Quella notte non riuscì a dormire, aveva sempre davanti quell’oggetto che galleggiava nell’acqua, così di primo mattino partì con la barca per cercarlo e quale fu la sua sorpresa quando scoprì che era un crocefisso in legno impigliato nella chioma di un pioppo: costeggiava i bordi della barca, lo pescò tremante e stupito, lo portò a casa, lo lavò dai detriti e dal fango ed al mattino dopo lo portò al sacerdote che pianse davanti a quel Crocifisso ed esclamò: “Cristo è venuto fra noi per aiutarci”.

Lo riconsegno a Duilio Braghin, questo il nome del fortunato pescatore, perché lo conservasse nella sua casa per il periodo dell’alluvione; in chiesa non si poteva perché era nella parte più bassa del paese completamente sommersa dall’acqua. Chiesa per modo di dire: era una vecchia sala da ballo riadattata a Chiesa.

Intanto cambiò il parroco. Subentrò Don Ferdinando Altafini che, alla scoperta del Crocefisso trovato nell’acqua, dopo varie e vane ricerche per trovarne il proprietario, disse che quello era un segno di Dio che ci chiedeva di costruire una casa per Lui.

Tutto il paese pieno di entusiasmo si adoperò per far si che questo sogno si avverasse, mandammo richieste a tutta l’Italia, arrivarono offerte da nomi noti come il “Sindaco Santo” di Firenze Giorgio la Pira e dal Papa Giovanni, dal presidente dello stato, alla regina D’Inghilterra, agli italiani all’estero, a tutte le banche, associazioni coltivatori, artigiani, all’associazione industriali. Insomma, a tutti, compresi senatori, onorevoli, principi e principesse, divi del cinema e cantanti…

In canonica c’era un fervore incredibile: chi scriveva le lettere con le richieste, chi imbustava, chi attaccava i francobolli e quanto altro. Raggiungemmo la cifra di quattro milioni di lire, quanto bastava per costruire le fondamenta, però mancava il terreno dove erigerla.

Don Ferdinando, il 7 aprile 1961, chiese al presidente dell’Eridania Zuccheri, Dottor Borasio Domenico, di intervenire. Infatti il 9 giugno 1961 il consiglio d’amministrazione diede il benestare per donare alla parrocchia 2000 mq. di terreno. Il progetto della chiesa fu dono del professore architetto Vittorio Milan.

La ricorrenza del Cristo alluvionato si celebra la seconda domenica di giugno. Per molti anni La festa del Cristo Alluvionato è stata l’evento più importante della comunità, ma negli anni, con il ricambio delle generazioni e la carenza di sacerdoti il culto del Cristo va scemando e negli ultimi anni si celebra solo la Messa in chiesa e la processione è stata sostituita con la benedizione dei crocefissi portati da casa.

La chiesa del Cristo Alluvionato già da quattro anni è stata designata Tempio del Cristo alluvionato.

Il Cristo di fattura lignea tipica degli scultori altoatesina in legno di pero, misura 132 cm., un anno fa è stato restaurato dal restauratore Gianni Zanazzi di Copparo (Fe), dopo aver tolto i vari strati di altri restauri, grande è stata la sorpresa di scoprire il drappo rosso cupo tipico dei scultori dell’epoca fatto con liquidi e pigmenti risalenti al 1650/1700 che ne copriva i fianchi.

All’interno della chiesa è stato allestito un piccolo museo con la storia del Cristo visitabile al pubblico. Il 13 novembre prossimo, anniversario dell’alluvione, nel Tempio del Cristo, messa solenne alle 17, celebrata dal Dom Cristofer Zialiskj della Madonna del Pilastrello di Lendinara per inaugurare il Cristo restaurato, con l’invito a partecipare per rendere onore e chiedere grazie.

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