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commercio
09.11.2021 - 17:07
ROVIGO - Aumentano i prezzi degli ortaggi e della frutta sugli scaffali dei supermercati polesani (+30% rispetto ad un anno fa), ma agli agricoltori rimangono dei guadagni risicatissimi, circa il 10-15% del prezzo finale, peraltro non proporzionali agli aumenti stessi.
E’ quanto emerge da un recente studio di Cia Rovigo sull’andamento dei prezzi agricoli - ovvero quanto viene riconosciuto al produttore - e di quelli al consumo. Con alcuni casi eclatanti: un chilo di zucche, eccellenza di stagione, viene pagato (in media) all’agricoltore 0,40 centesimi, sui banchi dei market si trova, prezzo medio, a 2,95 euro al chilo, per un rincaro del 637,5% lungo la filiera. Per un kg di cavoli cappucci bianchi al produttore sono riconosciuti 0,23 centesimi, mentre nei supermercati costano, sempre in media, 1,79 euro al chilo (+678,3%). Un chilo di lattuga gentile viene pagato 0,35 centesimi, se è tanto, all’imprenditore agricolo, sugli scaffali è a 1,98 euro (+496%).
Come se non bastasse, nell’attuale contesto storico post-Covid gli stessi imprenditori agricoli devono fare i conti con un incremento esponenziale dei costi delle materie prime e del carburante agricolo. Oggi un litro di gasolio arriva fino a 98 centesimi, quando un anno fa costava 60 centesimi al litro; l’urea, specifico concime per la nutrizione dei terreni, costa 80 euro al quintale, nel 2020 era quotata a 40 euro al quintale; la plastica utilizzata per gli imballaggi dei medesimi prodotti ha subìto un rincaro di circa il 20%.
“Stiamo registrando dei preoccupanti aumenti sia dei prezzi finali che, appunto, delle materie prime in agricoltura - sottolinea il direttore di Cia Rovigo, Paolo Franceschetti - tuttavia, a questi non corrisponde un incremento proporzionale del margine che resta al singolo imprenditore; anzi, rischia di lavorare in perdita”. Nell’immaginario collettivo, prezzi nei supermercati più alti significa di conseguenza maggiori guadagni a favore dei produttori.
“Questo studio dimostra che non funziona affatto così - aggiunge il direttore - ci sono dei rincari esorbitanti lungo la filiera, probabilmente dovuti a speculazioni che spesso non siamo in grado di intercettare. Per una strana congiuntura, sta accadendo proprio adesso che siamo in una fase di ripartenza, dopo due anni difficilissimi”.
“E’ la legge del mercato al contrario - puntualizza - invece che incrementare, in una logica di equità e giusto riconoscimento di un’attività essenziale qual è quella del settore primario, i guadagni per i produttori stanno scendendo a picco. A lungo andare è a rischio la tenuta del comparto”.
In questo quadro, chiarisce Cia, vanno rilanciati i contratti di filiera e di distretto, istituiti con la legge finanziaria del 2003: “Vengono stipulati tra i soggetti della filiera agroalimentare e il Ministero delle Politiche agricole al fine di portare avanti programmi d'investimento integrati a carattere interprofessionale e aventi rilevanza nazionale”. I contratti di filiera, partendo dalla produzione agricola, si sviluppano nei diversi segmenti della filiera agroalimentare, intesa come insieme delle fasi di produzione, trasformazione, commercializzazione e distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari. I progetti finanziabili possono avere un volume di investimenti da 4 a 50 milioni di euro. Le spese ammissibili comprendono tipologie quali investimenti per la produzione primaria, per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, per la promozione e la pubblicità di prodotti di qualità certificata o biologici, ricerca e sperimentazione.
Non solo. Secondo Cia Rovigo occorre inoltre continuare a valorizzare le eccellenze sulle scaffalature dei market, di piccole, medie e grandi dimensioni attraverso degli accordi con la grande distribuzione; nello specifico, va incentivato l’allestimento di corner dedicati ai prodotti locali, come già previsto dal “Programma per il sostegno alle azioni di rilancio e promozione dell’agroalimentare”, promosso dall’amministrazione regionale, per un investimento totale di un milione e 370mila euro.
“Le istituzioni - conclude Franceschetti - sono chiamate a dare delle risposte immediate. Altrimenti l’agricoltura è destinata a naufragare non solo nella nostra provincia, ma in tutta Italia”.
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