VOCE
VENETO
06.01.2022 - 20:06
medici in corsia
“Aumentare il numero di pazienti, seppur in via temporanea e su base volontaria, non può essere l’unica soluzione alla carenza di medici di base. Già oggi denunciano carichi di lavoro insostenibili, senza ulteriori misure rischiamo di peggiorare anche il servizio”.
È quanto affermano la vicepresidente della V Commissione Anna Maria Bigon insieme al capogruppo del PD Veneto Giacomo Possamai e ai consiglieri Vanessa Camani, Jonatan Montanariello, Andrea Zanoni e Francesca Zottis, a proposito della delibera di Giunta che consente ai medici di base di ampliare da 1.500 a 1.800 il tetto massimo degli assistiti. “È vero che siamo di fronte a una situazione emergenziale e che anche Regioni come Lombardia e Piemonte hanno approvato deroghe in tal senso, ma le difficoltà non sono iniziate ieri e le risposte devono essere appropriate”.
“La programmazione nazionale va indubbiamente rivista, ma anche quella regionale è stata sbagliata se è vero che il Veneto è al primo posto in Italia per zone carenti (dati Fnomceo) e al terzo posto nel rapporto numero di assistiti/medico di base (dati ministero della Salute relativi al 2019): poche borse di studio, aumentate solo di recente, e scarsi incentivi per chi opera nelle aree rurali e disagiate. Ieri l’assessore Lanzarin ha illustrato alcune proposte di integrazione all’Accordo collettivo nazionale che abbiamo avanzato da tempo: forme di incentivazione oppure penalizzazione in caso di accettazione o rinuncia alle zone vacanti. La Regione però può agire in autonomia, cosa che finora non ha fatto. Per questo crediamo sia opportuno aprire un’immediata contrattazione con tutti i sindacati dei Medici di medicina generale affinché tutti coloro in graduatoria siano messi in condizione di accettare la destinazione. Ma diventa prioritario investire sul personale amministrativo e infermieristico negli ambulatori, in modo da aiutare i medici, anche quelli che non fanno parte di medicine di gruppo e che per questo sono in ulteriore grande difficoltà nel dare assistenza, a fronteggiare le innumerevoli richieste dei pazienti e avviare un tavolo di confronto su come investire nella formazione di tutto il personale sociosanitario rispetto al nuovo contesto, perché l’emergenza è ormai diventata la normalità”.
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