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SOLIDARIETA' ALL'UCRAINA

Pronti a soccorrere 48 profughi al confine

Il presidente di Cri: “In Ucraina servono medicinali”

In missione per salvare 50 profughi

ROVIGO - Camion interi di beni alimentari, generi di prima necessità e vestiario sono già partiti più volte verso il confine ucraino. E giovedì mattina si metterà in viaggio anche una corriera organizzata dai volontari del Centro di documentazione Polesana per recuperare 48 profughi ucraini al confine con al Romania.

Dentro la corriera anche un medico della Croce Rossa per fare un primo screening e dare un supporto medico a donne e bimbi che saranno stremati dal loro lungo esodo verso luoghi senza bombardamenti e senza terrore.

I numeri degli arrivi in Polesine crescono di giorno in giorno. In tutta la provincia è stato già superato il centinaio di cui si parlava una settimana fa. Ma sono numeri destinati a salire. A livello statistico - secondo quanto affermato anche in un recente incontro al Csv - la stima del numero massimo di arrivi che potrebbero toccare la nostra provincia è di 5mila persone.

“E’ troppo presto per dire la cifra reale, ma equi-distribuendo tra i territori gli arrivi si potrebbe arrivare a questa cifra, stiamo parlando di stime, non di cifre reali”, sottolinea il presidente di Croce Rossa Alberto Indani.

Al momento i rifugiati che sono già approdati in provincia di Rovigo hanno più o meno tutti un appoggio nelle case di amici o familiari. Anche le 48 donne e bimbi che arriveranno presto con la corriera del Centro di documentazione polesano. “Noi di Croce Rossa abbiamo dato un supporto per i farmaci, le mascherine di protezione, dei tamponi rapidi che possono farsi là stesso per capire prima se hanno il Covid o meno - spiega il presidente di Cri Rovigo Alberto Indani - ci sarà anche un nostro medico e una persona in supporto che parla ucraino. Faremo un primo screening sanitario e diamo la prima documentazione per denunciare che sono arrivati nel nostro territorio, in accordo con la questura”.

La vera ondata di arrivi deva ancora arrivare, dunque. “Ci aspettiamo arrivi di massa che sarà più difficile gestire - sottolinea il presidente Indani - Quello che chiediamo, perché sappiamo che succede così, è di non inviare cibo e vestiario al momento al confine. Per vari motivi: innanzitutto in questo momento ci sono i paesi limitrofi che hanno beni di prima necessità da offrire. Non arriverebbero dunque alle persone che ne hanno davvero bisogno, ma rischiano di alimentare un mercato nero, come è già successo. Per ora c’è bisogno, quello sì di farmaci per l’Ucraina. Noi tramite i canali internazionali di Croce Rossa, che è presente anche in Ucraina, abbiamo una visione ampia del bisogno reale che c’è e il bisogno di cibo e vestiario, in questo momento viene colmato nella prossimità”.

Il presidente di Croce Rossa denuncia, dunque, che in questo momento manca un vero coordinamento degli aiuti e i canali privati rischiano di fare confusione. “La raccolta alimentare, di vestiti va benissimo, ma presto ce ne sarà bisogno qui, inutile partire”.

Croce Rossa, inoltre, calcola anche il rischio sanitario di questi nuovi arrivi: “Consideriamo che in Ucraina solo il 30% dei cittadini è vaccinato. Ci potrebbe essere una recrudescenza del Covid dovuta a nuovi contagi. Per questo è importante che facciano i test appena giunti a Rovigo. In Ucraina, inoltre si è sviluppata, per quello che ci riferiscono i nostri corrispondenti sul fronte, una polmonite che non reagisce agli antibiotici. Per questo è importante muoversi con misura”.

Da un’emergenza all’altra, vale per tutti noi. Ma vale molto di più per chi è in prima linea negli aiuti. “Non abbiamo tregua - commenta Indani - Eravamo ancora in supporto alla campagna vaccinale e avevamo riattivato un nuovo servizio di assistenza al Pronto Soccorso. Con questa nuova emergenza abbiamo rimandato i corsi di specializzazione per migliorare il nostro grado di professionalità”. Cosa chiede Croce Rossa Rovigo al Polesine? “Abbiamo bisogno di fiducia e di supporto. Di collaborazione con le altre associazioni. In emergenza si muove chi è abilitato, perché ha seguito corsi di formazione. Questa non è l’emergenza Covid”. Già, questa è una maledetta guerra.

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