VOCE
Rovigo
12.03.2022 - 12:42
ROVIGO - “Non piove da oltre due mesi, è a rischio la messa a dimora delle piantine di mais e di tutti gli altri seminativi in Polesine”. Preoccupa pure l’accrescimento del frumento, già seminato. Se dovesse perdurare questa situazione lo sviluppo delle piantine potrebbe addirittura fermarsi e, di conseguenza, appassirebbero i germogli. Cia Rovigo lancia l’allarme alla vigilia della stagione più delicata per il primario, ovvero quella della semina.
Fra dieci giorni sono previste le prime piantumazioni del granoturco, appunto siccità permettendo. In Polesine, in particolare, si concentra quasi il 15% dell’“oro giallo” di tutto il Veneto (27.100 gli ettari vocati, dati Veneto Agricoltura), per un fatturato di più di 5 milioni di euro all’anno. “Gli imprenditori agricoli sono estremamente preoccupati - sottolinea il presidente di Cia Rovigo, Erri Faccini - Stanno attraversando una congiuntura economica complicata a causa dell’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime in agricoltura. A questi, adesso, si somma un’ulteriore emergenza”.
Stando all’ultimo bollettino della risorsa idrica di Arpav, lo scorso febbraio sono caduti, mediamente, 29 millimetri d’acqua in provincia di Rovigo, quando la media del periodo 1994-2021 è stata di 61.8 millimetri. In pratica, gli apporti meteorici mensili sono stati, come accaduto a gennaio, poco meno della metà (-52%). Non solo. La stazione di rilevamento del fiume Adige, a Boara Pisani, ha rilevato una portata di un quarto in meno rispetto alla media storica mensile, quella di Pontelagoscuro, sul Po, perfino un -47%.
Come precisa Anbi Veneto, tuttavia, “questa è una crisi che parte dall’alto, dai depositi nivali in montagna, e scende in profondità, con le falde acquifere. Ovunque si registra una situazione di penuria d’acqua”. “Senza gli invasi è impossibile immagazzinare l’acqua, una risorsa che diventa fondamentale nei momenti di maggiore siccità - spiega il presidente di Anbi Veneto, Francesco Cazzaro - Le numerose cave di ghiaia dismesse o quasi esaurite, e tenute ferme, che si trovano nella media pianura potrebbero costituire dei bacini d’invaso ottimali. Il problema è trovare un accordo con i proprietari per il loro riutilizzo”.
Queste sono settimane cruciali, commenta Faccini: “Già ora i terreni agricoli necessitano di una costante irrigazione, con conseguenti maggiori costi”. Nell’ambito del Pnrr, aggiunge, “vanno trovate tutte quelle soluzioni utili per tentare di risolvere tale criticità, che sta diventando cronica. Nello specifico, gli enti competenti sono chiamati a prevedere degli investimenti nei bacini montani e di pianura, questi ultimi pure agganciandosi ai fiumi minori e agli scoli già esistenti: sono in grado di trattenere l’acqua quando ce n’è in abbondanza, per poi rilasciarla nei periodi di maggiore siccità ad uso civile, industriale e agricolo”. “Chiediamo - conclude -un intervento immediato. Il Pnrr ha tempi strettissimi e rimane un’opportunità irripetibile per una reale ripartenza; non possiamo sprecare né tempo, né denaro. Da sottolineare, infine, che con la siccità c’è un maggior rischio di risalita del cuneo salino”.
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