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allarme siccità
25.03.2022 - 16:43
ROVIGO - Una terra di acqua ridotta quasi ad un arido deserto: è così che si presenta oggi il Polesine, in sofferenza a causa della siccità. Come siamo arrivati a questo punto? Il Wwf ha stilato un report sulla crisi idrica degli ultimi anni, che parla chiaro: “La sete del pianeta - si legge nel report - è una delle prove più tangibili e drammatiche della crisi climatica globale: tra acqua e clima c’è un legame inscindibile e pericoloso che va conosciuto”. Ne abbiamo parlato con Eddi Boschetti, presidente del Wwf di Rovigo.
Boschetti, la siccità spaventa il Polesine, è un problema reale?
“E’ un problema reale che non ha bisogno di presentazioni, così come lo è il problema opposto che prima o poi ci troveremo ad affrontare. Viviamo sempre nell’urgenza, ora è la siccità e poi arriverà il momento in cui saremo concentrati sulle piogge torrenziali: sono due facce della stessa medaglia e chiaramente il nostro ambiente non è ancora in grado di adeguarsi a queste estremizzazioni del clima”.
Pianura Padana, terra di paludi. E ora siamo senz’acqua?
“E’ esattamente così. Abbiamo passato il tempo a regimentare i corsi d’acqua, a smaltire le acque ‘in più’ perché siamo stati una terra dove l’acqua era sempre in eccesso. E invece oggi dobbiamo rivedere le nostre certezze. I cambiamenti climatici ci mettono alla prova, una zona nota per essere una terra di acque ora si trova a fare i conti con il cuneo salino e la siccità, che non riguarda solo i due grandi fiumi ma tutta la rete irrigua. E’ in secca tutto il comparto acque dolci, senza dimenticare le nostre falde sotterranee che rischiano anche loro di entrare in sofferenza”.
Quali sono le soluzioni possibili? Se a questo punto ci sono...
“Al di là del contrasto alle emissioni di Co2, nel breve periodo bisogna escogitare dei metodi resilienti perché il clima non tornerà più quello di prima. Il clima sarà da così a peggio, la macchina del clima è stata alterata, e purtroppo sarà una escalation. Una soluzione sono gli invasi. Noi ne parliamo da tantissimo tempo: bisogna imparare a contenere l’acqua quando è troppa per poi poterla utilizzare quando serve. Faccio un esempio: a Salvaterra di Badia Polesine dal 2007 abbiamo in gestione, come Wwf, due vasche che contengono le acque del canale Valdentro. Parliamo di 10 ettari, ma non servono a nulla se rimangono solo un caso isolato. Queste vasche poi sono un esempio di come si possa anche intervenire in maniera naturalisticamente inerente, creando, oltre all’utilità, anche una funzione paesaggistica non indifferente. Questo vale anche per le nostre golene, bisogna pensare di rimettere in funzione i bacini di laminazione naturali dei nostri fiumi che se non utilizzati si interrano. Sono tutte cose che si potrebbero fare con il soldi del Pnrr. Servono proprio per questo. Ecco, oltre ad una minore emissione di anidride, servono interventi di mitigazione e adattamento. Con adattamento intendo anche fare interventi forestali con piante che resistono a questo nuovo clima, ma anche le colture si devono adeguare. E chiaramente servono risorse per fare quello. Interventi di eccellenza e qualità che fanno la differenza”.
Si dice sempre, parlando di soluzione contro i cambiamenti climatici, che tutti quanti dovremmo cambiare stile di vita...
“Certo, ognuno di noi deve prenderne coscienza della situazione, cittadini e aziende. Sono ancora troppi gli sprechi alla rete idrica. L’acqua diventerà l’oro azzurro e le prossime guerre le faremo per quello. Dobbiamo ottimizzarne l’utilizzo: ad esempio non si può lavare la macchina tre volte a settimana, incominciamo a guardare l’essenziale. Diminuiamo il numero di cose non necessarie. Detto questo, come posso però chiedere a una signora di 80 anni, che già cerca di risparmiare acqua per non pagare troppo di bolletta, di fare ulteriori sacrifici? Mentre dico a mia mamma di limitare l’uso di acqua guardo fuori dalla finestra e c’è un cannone che spara acqua giorno e notte per far crescere cereali che poi vanno ad alimentare gli allevamenti intensivi. Dovremmo cambiare qualcosa. Insomma, nessuno si deve chiamare fuori da questo sforzo, che è per tutti uno sforzo ciclopico”.
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