VOCE
IL CASO
27.05.2022 - 19:30
ROVIGO - Cadavere nei boschi, dai tatuaggi si scopre che è un polesano. Sulla vicenda abbiamo chiesto il parere di un tatuatore della città.
Una morte atroce, inspiegabile, che pare rimandare a secoli passati: si è spento lentamente, di stenti, non alimentandosi, l’uomo ritrovato senza vita nei boschi del Trentino, nella zona di Cavalese, lo scorso 2 maggio. Queste, perlomeno, le prime indicazioni che emergono dell’inchiesta in corso, condotta dai carabinieri proprio di Cavalese che ieri hanno contatto i colleghi polesani.
"I tatuaggi raffigurati sembrano rudimentali quasi come se li avesse fatti da solo - ipotizza Andy, tatuatore rodigino - la frase scritta in rune celtiche è di difficile comprensione in quanto poco leggibile, probabilmente a causa del corpo in via di decomposizione. Sembrerebbe, addirittura, che la persona in questione avesse conoscenze piuttosto vaghe della cultura celtica, ma resta il fatto che un tatuaggio può rivelarsi di fondamentale importanza alle indagini nell'associare la raffigurazione alla persona ricercata".
Per oltre 20 giorni quel corpo è rimasto non solo senza identità - tuttora non ci sono certezze assolute, su questo fronte - ma anche senza ipotesi forti a questo proposito. Ora, però, qualcosa è cambiato, in particolare dopo la trasmissione “Chi l’ha Visto?” di mercoledì 25 maggio. Ci sono concrete possibilità, infatti, che l’uomo, di mezza età, possa essere polesano, residente in un comune alle porte di Rovigo. Alcuni particolari paiono combaciare perfettamente e i dubbi si stanno rapidamente dissolvendo.
Si attende comunque il riscontro del Dna, che dovrebbe essere in grado di eliminare ogni dubbio. Fino a quel momento la prudenza è d’obbligo, dal momento che si deve tenere conto anche di come ci sia di mezzo una famiglia che attende di sapere e, comprensibilmente, attende piena di angoscia.
Nel corso delle indagini, si era tentata anche la carta della diffusione delle foto dei numerosi tatuaggi dell’uomo e dei suoi vestiti. Tra il materiale ritrovato, anche una sorta di “diario”, che pare rimandare a una specie di “pratica estrema” di digiuno, che l’uomo avrebbe proseguito per settimane, idratandosi quasi unicamente. E’ probabile che proprio questa condotta possa avere influito sul tragico epilogo della sua vita.
Giorno dopo giorno, l’ipotesi che conduce alle porte del capoluogo Rovigo ha preso forza e concretezza. E non resta che attendere la conferma finale, che potrà arrivare dall’esame del dna.
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