VOCE
ROVIGO
21.07.2022 - 19:29
ROVIGO - E alla fine l’Italia si è giocata anche Mario Draghi. Che piaccia o meno “superMario”, è come parlare di una squadra di calcio che si dibatte nei bassifondi della classifica ma licenzia Cristiano Ronaldo perché sta antipatico al Comunardo Niccolai di turno, il famoso re degli autogol. Comunque è andata.
Il parlamento non è riuscito a trovare la quadra dopo che i grillini lo hanno trascinato in una crisi al buio che più buio non si può. A meno che il presidente Mattarella non tiri fuori un coniglio dal cilindro, si tornerà dunque a votare, il prossimo 25 settembre. E' ufficiale. Fino ad allora sarà "ordinaria amministrazione".
Che non tirasse una buona aria si era del resto capito, con il premier che in aula non aveva certamente fatto uno sforzo di mediazione. Della serie: il tempo delle chiacchiere è finito. O si va avanti insieme o arrivederci. Arrivederci? Già, perché l’impressione - ma la politica è arte difficile da maneggiare - è che prima o poi, se qualcosa non dovesse andare per il verso giusto, si finirà con il citare una canzone: ancora tu, ma non dovevamo vederci più?
Governo Draghi al capolinea: cosa è successo
La maratona si era aperta alle 9.30 con il discorso del premier, che ha iniziato elencando i risultati raggiunti dal proprio esecutivo proprio in virtù di quello che definisce un “miracolo civile”. In chiusura, invece, ha scelto di incalzare i presenti: “All’Italia non serve una fiducia di facciata che svanisce davanti ai provvedimenti scomodi: serve un nuovo patto di fiducia sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese. I partiti e voi parlamentari siete pronti a ricostruire questo patto? - ha chiesto - Siete pronti?”. Una domanda a cui non solo il M5s, ma anche Lega e Forza Italia hanno scelto di dare risposta negativa in varie fasi.
Il centrodestra di Governo, infatti, nel corso del pomeriggio di dibattito ha presentato una risoluzione in cui chiedeva di votare la fiducia ad un nuovo esecutivo solo in caso di assenza del M5s. Quando invece Draghi ha scelto di porre la fiducia sulla cosiddetta risoluzione Casini, in cui semplicemente il Senato prendeva atto delle dichiarazioni del premier, la coalizione si è mostrata stupita. “Spiace che non sia stata scelta” la risoluzione del centrodestra di governo “e che questo ci metta nelle condizioni di non partecipare alla votazione per la fiducia sulla risoluzione imposta firmata non a caso dal senatore Casini”, ha dichiarato il leghista Candiani. E di fatto è stata proprio la scelta di uscire dal Senato, da parte di Lega e Forza Italia, nel corso dalla votazione a sancire la fine dell’esecutivo. Il M5s, anch’esso astenutosi, ha scelto invece di restare in aula per avere il numero legale senza la necessità di ripetere le operazioni. Risultato? Fiducia a Draghi con 95 voti a favore e 38 contrari. Numeri che non permettono all’esecutivo di continuare.
Non sono comunque mancate ripercussioni. Dopo le dichiarazioni di voto, Mariastella Gelmini ha annunciato il suo addio a Forza Italia: “In un momento drammatico per la vita del Paese, mentre nel cuore dell’Europa infuria la guerra e nel pieno vortice di una crisi senza precedenti, una forza politica europeista, atlantista, liberale e popolare oggi avrebbe scelto di stare, senza se e senza ma, dalla parte di Mario Draghi”. “Questa Forza Italia non è il movimento politico in cui ho militato per quasi venticinque anni: non posso restare un minuto di più in questo partito”, ha concluso.
Grande delusione anche in casa Pd, a sostegno del Governo fino all’ultimo. “In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia”, ha detto il segretario Letta. “Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti”, ha aggiunto. Per Luigi Di Maio si tratta di “una pagina nera per l’Italia”. E a questo punto allora parola agli Italiani.
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