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ROVIGO

"Siamo sospesi in un limbo e il mondo ci ha dimenticati"

La manifestazione del popolo ucraino sceso in piazza nella mattinata di sabato

ROVIGO - Il popolo ucraino chiede a gran voce di non essere dimenticato. Dopo una fase iniziale in cui tutti gli occhi del mondo erano puntati sul conflitto, sulla sofferenza del paese e delle tante famiglie sfollate, infatti, ora su queste persone da tempo è calato il silenzio. Donne e bambini da mesi lontani da casa, famiglie separate da una guerra senza senso, che ora chiedono solo di poter tornare. E ieri gli ucraini rodigini sono scesi in piazza, davanti alle due torri, per sensibilizzare i rodigini sulla situazione.

“Abbiamo organizzato questa piccola manifestazione per chiedere alle istituzioni di non dimenticarsi di noi - racconta Oksana, dell’associazione Slava Ucraina - di non dimenticarsi dei tanti cittadini, ora qui ospiti, e di una situazione di difficoltà e disagio di cui si parla sempre di meno”. Un conflitto iniziato nella notte del 24 febbraio scorso, quando le forze armate russe hanno dato il via alla loro offensiva sul territorio ucraino, e che ancora non vede uno spiraglio di risoluzione e, soprattutto, di pace.

“La stessa Europa ha smesso di parlarne - continua la donna - eppure il conflitto c’è, prosegue e i cittadini ucraini continuano a non poter tornare a casa”. Ad essere fuggiti sono donne e bambini, perché i mariti e compagni sono stati costretti a rimanere in patria per combattere. Una separazione che logora le famiglie, che decidono di rischiare pur di congiungersi.

“Nonostante la guerra prosegua la gente ha deciso di tornare in Ucraina comunque - spiega - questo perché qui, come in altri posti dove hanno ricevuto asilo, si sentono come sospesi”. Sospesi in un limbo, senza un’identità, senza possibilità di trovare uno spiraglio di normalità, lontani dagli affetti più cari.

“La gente ormai ha capito che questa guerra non avrà una risoluzione veloce, come si pensava inizialmente - aggiunge - le persone erano convinte di poter tornare a casa presto, ma più passano i mesi più è chiaro che non sarà così. Io personalmente ho ospitato sei profughi a casa, due di esse sono già tornate in Ucraina e altre tre mi hanno confermato che partiranno nei prossimi giorni”.

Persone che qui hanno trovato tanti aiuti, ma che hanno perso la loro identità. “Qui le persone ci hanno dato tutto, ci hanno accolto e aiutato - racconta Sergio, presidente - ma chi fugge dalla guerra non lo ha fatto per scelta, non voleva restare qui così tanto tempo. Abbiamo bisogno che si torni a parlare di noi, di quello che accade. Non facciamo che questo conflitto diventi una normalità da guardare solo in tv”. 

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