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LA TRAGEDIA DI NEW YORK

"Alessio non mollava mai"

Gli amici ricordano Alessio Picelli: "Era un ragazzo speciale che stava realizzando il suo sogno"

"Era un ragazzo speciale, stava realizzando il suo sogno"

ROVIGO - Grande lavoratore, un ragazzo umile e volenteroso. È il ricordo dei tanti amici e conoscenti di Alessio Picelli, il giovane 38enne rodigino trovato morto in un appartamento a New York insieme all’amico e collega di lavoro Luca Nogaris.

Lavoro, per l’appunto, che aveva portato i due artigiani ad un viaggio nella Grande Mela, lavoro che per Alessio era grande motivo di soddisfazione.

“Conoscevo Alessio da tempo - racconta Andrea Bimbatti - e anche la moglie. A Boara la famiglia era molto conosciuta, perché gestiva un forno da anni. Ero stato invitato anche all’inaugurazione del suo negozio, tempo fa. Negozio di cui era davvero fiero e orgoglioso”. ‘Helementi Interiors’ il nome della sua attività, un negozio di interior design nato nel 2013 dalla passione di Alessio. “Credeva molto in quello che stava realizzando - continua Bimbatti - per il quale si era prodigato con grande passione e impegno. Era un ragazzo semplice, solare, sempre positivo e soprattutto un ragazzo umile”.

Un giovane ammirato da chi lo conosceva, per l’impegno e la bravura innata che metteva nella sua professione.

“Io l’ho sempre definito un artista - spiega l’amico Sauro - perché nel suo lavoro si poteva definirlo solo così. Alessio era una persona che difficilmente si faceva mettere le mani addosso e nello sport era sempre il più energico e grintoso. Non mollava mai, anche quando si stava perdendo non mollava mai”.

Una mente considerata brillante. “Siamo anche stati in classe assieme - racconta l’amico - la cosa particolare che ricordo di lui è che non apriva mai i libri, eppure riusciva ad avere sempre dei bellissimi voti”. Una persona affabile, sempre educata e a disposizione, un giovane che amava la sua professione oltre ogni cosa, tanto da allontanarsi dal proprio paese e dai propri affetti per poterla sviluppare al meglio. “Lo vedevo ogni tanto allo stadio di Rugby - racconta Silvia -, di lui mi aveva colpito che non mancava mai di un saluto ed un sorriso”.

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