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Selfie estremo, i Ferragnez travolti dalle critiche social

Lo scatto dei due influencer il giorno dopo la morte di Andrea Mazzetto. I follower insorgono: "Dovete dare il buon esempio"

Selfie estremo, i Ferragnez travolti dalle critiche social

ROVIGO - Un selfie sull’orlo del precipizio. E la polemica, a poche ore dalla morte di Andrea Mazzetto, travolge Chiara Ferragni e Fedez, “rei” di aver postato un video in cui appaiono in cima ad un dirupo, a Es Vedrà, a due passi da Ibiza, da dove si può ammirare un panorama mozzafiato.

La coppia ha immortalato un tramonto sul mare, ma in molti hanno ricordato, nei commenti, la tragedia del 30enne rodigino, morto sabato sull’Altar Knotto, ad Asiago. “Un ragazzo è morto per raccogliere il suo telefono caduto nel tentativo di fare una foto simile, è morto per una foto ad effetto - scrive un follower dei ‘Ferragnez’ sotto al video su Instagram - mi spiace vi seguo entrambi ma dovete dare un altro esempio visto le tragedie che stanno succedendo”.

E riconnettersi con la vita, superando la fame di esistere, è il consiglio dello psicologo Oscar Miotti, psicoterapeuta Emdr e consigliere dell’ordine psicologi del Veneto, sul tema dell’estremo bisogno di mostrarsi nei social e di cercare sempre il “like” in più.

Miotti, come nasce questo fenomeno del mostrarsi sempre di più nei social?

“Sempre più persone condividono ogni momento della loro vita sui social: i genitori stessi, ad esempio, lo fanno pubblicando foto dei figli in vacanza o del primo compleanno. Immagini di una routine che ottengono spesso molti like, atti certamente ‘innocenti’ ma che innescano il pensiero ‘se appaio sono, ed esisto. Se non appaio non sono nessuno’”.

Sono molte le persone perdono la vita alla ricerca della foto perfetta, o del selfie estremo. Sono 379 le morti dal 2008 a oggi causate da selfie pericolosi con numeri in rialzo nel 2021, che ne ha registrate 31 in meno di 10 mesi. Che cosa sta accadendo?

“Questi selfie estremi capitavano già prima dei social, quando le persone si sdraiavano sulle rotaie dei treni, o sull’asfalto, per muoversi all’ultimo istante. In questi casi accade spesso nei giovanissimi per via della trasgressione adolescenziale. Ma nel tempo c’è stata una dilatazione di questa adolescenza e per questo il fenomeno colpisce spesso anche le persone adulte. L’adrenalina, che si sviluppa sfidando il pericolo è un anti depressivo. Superando la difficile prova, inoltre, produciamo anche dopamina. Un meccanismo della gratificazione che contrasta un senso di nichilismo, il senso di niente di cui parlavo prima”.

Sabato Andrea ha perso la vita per recuperare il telefono, che gli era sfuggito dalle mani sulla roccia dell’Altar Knotto. Ci sono state anche molte critiche relative al fatto che la fidanzata di Andrea, poche ore dopo l’incidente, avesse pubblicato la loro ultima foto insieme.

“La morte genera un senso di nulla e per sopravvivere si scrive, si esterna nel social, perché sembra rappresentare l’unica maniera in cui si ha senso di esistere come persona. Emerge un’estrema solitudine e non senso della vita. Nel momento in cui il tuo compagno muore sotto i tuoi occhi, il pubblicare le ultime foto, un gesto estremo visto da fuori, diventa occasione di dare un senso a questo vuoto. Una fame di esistenza che i social solo sanno darti”.

Che consigli possiamo dare a coloro che sentono di avere questa “fame da social”?

“Nel momento in cui ci riconnettiamo con il dolore ci riconnettiamo con la vita. Dobbiamo riflettere o, come dice spesso un mio collega, smettere di essere online e tornare ‘onlife’. E poi bisogna accettare che anche la tristezza è parte della vita e trovare quelle cose che ti fanno sentire vivo, dando stimoli ma non mettendoti in pericolo di vita. Infine dobbiamo superare la paura delle relazioni, smettendo di mettersi alla prova solo con i like ricevuti sui social”.

Incidenti del genere, come in questo caso, spesso coinvolgono anche altre persone, che sono spettatori impotenti di quanto sta accadendo. Che consiglio si potrebbe dare a chi resta per superare questo shock?

“Chi sopravvive ha bisogno di sostegno. Esiste la terapia Emdr, un metodo psicoterapico strutturato che facilita il trattamento di diverse psicopatologie e problemi legati sia ad eventi traumatici, che a esperienze più comuni ma emotivamente stressanti, che aiuta anche a superare il dolore di un lutto. Sono convinto che sarebbe importante avere queste terapie di supporto a disposizione dei cittadini, in ogni Ulss. Il trattamento rapido e precoce attraverso questa terapia ha aiutato molte persone ad affrontare il dolore che stavano vivendo”.

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