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ROVIGO

"Guidati da passione e tradizione"

Così Daniele Cecchetto porta avanti l'azienda di famiglia. "Facciamo tutto a mano, come una volta"

ROVIGO - Mantenere salde le proprie tradizioni, nonostante i costi sempre più alti e le difficoltà. È la storia di Daniele Cecchetto, titolare dell’azienda agricola ‘il Picco’ nella piccola frazione di Canale.

Qui, nascosto dalle curve della strada sorge il suo vitigno, avviato dal bisnonno ma portato avanti dalle successive generazioni, dove i macchinari non arrivano per precisa volontà di fare ancora tutto a mano, come tradizione comanda. “Ho iniziato da bambino, quando venivo qui per aiutare mio padre - racconta - e poi è diventata una passione. Le vigne, alcune qui dagli anni ’70, sono circa 4.500 e sono tutte girate verso il sole perché possano riceverlo da quando esso sorge a quando cala, utile soprattutto nei casi di vitigni complessi. La defogliatura è completamente manuale, così come lo è la vendemmia e la pressatura. Noi quintali di uva li torchiamo a mano, non abbiamo presse ad aiutarci. Per fortuna posso contare sull’aiuto della mia famiglia, da solo non sarebbe possibile tutto questo”.

Una precisa scelta per offrire un prodotto equilibrato e di qualità. “In passato, ma una sola volta, abbiamo tentato di utilizzare una macchina ma è stata un’esperienza devastante - spiega - per noi e anche per la pianta stessa. Nel momento in cui si stressa meccanicamente l’acino, poi, vai inevitabilmente a variare delle tipologie sul vino. Da qui la scelta di andare avanti manualmente, anche se comporta tempi e costi nettamente triplicati, rispetto ad una procedura meccanica. In ogni caso gli spazi del vitigno sono progettati per essere gestiti con le macchine, ma per ora continueremo così”.

Terreni che sono adatti a questo tipo di coltivazione anche grazie alla storia particolare del territorio polesano. “Qui sotto c’è sabbia rossa - racconta - perché questo terreno, durante l’alluvione del ‘51 era praticamente solo acqua”. Cecchetto conferma che scegliere di fare questo lavoro non è semplice e deve essere, prima di tutto una passione. “La vigna ti fa lavorare 13 mesi l’anno - aggiunge - 12 lavori e uno lo passi a pensarci, sempre. È un lavoro che richiede grandi investimenti economici, sacrificio ed intere giornate, e nottate, nel seguire le piante. In pianura, poi, è tutto molto più complesso, per via dell’umidità che può influenzare anche le infezioni della pianta. Ci sono malattie che si presentano ciclicamente, che si diffondono in pochissime ore e non puoi permetterti di trascurarlo nemmeno un solo giorno. Qui un’infezione può espandersi a tutto il vigneto in poche ore e dell’entità dei danni te ne accorgi solo quando vai a vendemmiare, quindi diversi mesi dopo”.

A influenzare anche i cambiamenti ambientali, che quest’anno sono stati particolarmente importanti. “In fase di estrema siccità, se non riceve abbastanza acqua, il vitigno fa morire l’uva mentre le foglie restano verdi. Quando il problema diventa veramente importante e le foglie assumono la forma ad ombrello la pianta è irrimediabilmente persa. Un processo che può accadere anche in 48 ore. Per evitarlo ovviamente va irrigata, prima da terra e quando passa la fase critica da sopra. Quando l’uva cambia colore puoi definirti salvo. La vigna deve ossigenare costantemente. Ci sono stati momenti in cui la pianta ha sofferto molto. Fortunatamente le ultime piogge ci hanno salvato. Tra poco è momento di vendemmia, c’è chi ha voluto anticipare i tempi proprio a causa della sofferenza delle piante per l’emergenza siccità. Noi proviamo ad attendere ancora qualche settimana, poi inizieremo la raccolta e vedremo il risultato di questo lungo anno di lavoro”.

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