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ROVIGO

"Mamma, lo salvi tu il Pianeta?"

Alessia Nicosia, ricercatrice rodigina, torna dalla missione in Antartide e riabbraccia il figlio Leòn

ROVIGO - La notte polare può durare mesi in Antartide, le temperature scendono a meno 80 gradi. Non cresce nulla al Polo Sud, nemmeno i batteri riescono a sopravvivere, la frutta... scordatevela. Ma Alessia Nicosia, scienziata rodigina del Cnr, in missione per 12 mesi ai confini della Terra per il Piano Nazionale di ricerca in Antartide (Pnra) aveva una pressione importante a fare bene, quella del figlio Leòn, di 9 anni, che ha affrontato anche lui 12 mesi distante dalla madre.

Mamma - mi ha detto - se devo stare lontano da te per un anno, devi fare delle cose grandi e importanti, devi salvare il Pianeta”. Una pressione che ciascuno di noi dovrebbe sentire forte in ogni gesto quotidiano e che ha spinto la ricercatrice di Rovigo a dare il meglio di sé.

Alessia è tornata da qualche settimana a Rovigo dopo un viaggio durato 15mila chilometri. Intanto una curiosità, quanti aerei si prendono per arrivare al Polo Sud?

"Nella base Concordia si arriva solo nella fascia estiva, da novembre a fine gennaio, si cambiano vari aerei, il primo arriva in Nuova Zelanda, poi si prende un aereo dell’aeronautica italiana e in 6 - 8 ore si arriva alla base Mario Zucchelli, senza bagno, molto duro, ma si fa. Infine un aereo canadese ancora più piccolo per 4 - 6 ore non pressurizzato che arriva alla base Concordia. E’ stata abbastanza dura".

Era preparata?

"Enea organizza dei corsi e quindi si è ben preparati. Poi ci sono tre mesi di adattamento della campagna estiva in Antartide che mettono alla prova per affrontare la parte più dura che sono i 9 mesi di isolamento. In questi mesi ci sono condizioni simili a quelle di un viaggio interplanetario, l’Agenzia spaziale europea studia l’adattamento dei ricercatori e del personale della base Concordia per capire come affrontare un viaggio per esempio su Marte. Noi eravamo in 13 potevamo contare solo sulla forza del gruppo".

Come sono stati questi 12 mesi?

"Nella base di Concordia ci sono condizioni di ipossia perché si trova a un’altitudine di 3200 metri ma poiché l’atmosfera è più rarefatta, c’è il 30% di ossigeno in meno e questo va a perturbare molto il sonno. Per 90 giorni poi noi non abbiamo visto il sole, da maggio fino ad agosto, a causa della notte polare. E inoltre potevamo contare sulle scorte presenti in base e dopo due mesi abbiamo dovuto fare con le scorte che avevamo. Dopo due mesi frutta e verdura erano finite. Al Polo Sud, tra l’altro non sopravvivono nemmeno i virus e i batteri, dunque si diventa un po’ immunodepressi”.

Come avete affrontato i momenti di sconforto?

"Il problema principale per me era che ero l’unica donna del gruppo. Ma ho trovato tante persone con cui ci siamo fatti forza. C’erano due papà con cui mi confrontavo quando la lontananza da León era più dura da sostenere. Quando sono partita tuttavia avevo la certezza che mio figlio e mio marito ce l’avrebbero fatta perché a Rovigo potevo contare su una rete di familiari e di amici che li avrebbero sicuramente aiutati. Sono molto riconoscente a tutte le persone che ci sono state accanto e anche alla scuola Miani, che ha aderito a un programma che ci ha permesso di parlare ai bambini dell’Antartide. Ho sentito il supporto di tutta scuola, di tutta la città e del sindaco”.

Rovigo è una città ricca di talenti e di eccellenze, perché secondo lei è ancora in coda alle classifiche italiane?

"Rovigo è una città che io amo, ha tutto, mio figlio e mio marito la amano ed è migliorata negli anni. Sono sicura che questa città crescerà ancora nei prossimi anni. Credo molto, per esempio, nel polo universitario che ai tempi in cui frequentavo io l’università a Bologna non c’era ancora. La sua influenza si sente in città".

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