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ROVIGO

"Cambiamo narrativa: Rovigo si gioca il futuro"

Il sindaco Gaffeo svela la sua visione di prospettiva per lo sviluppo della città

"Basta piangersi addosso: Rovigo si gioca il futuro"

Il sindaco di Rovigo Edoardo Gaffeo

ROVIGO - Non è stato un anno semplice per il sindaco di Rovigo, Edoardo Gaffeo. Ma questo, a pensarci bene, fa parte del gioco soprattutto quando ai problemi locali (qualche screzio con la maggioranza e grande crisi di Iras su tutti) si aggiungono le ricadute di un mondo sulle montagne russe: dalla pandemia alla guerra (con gli aumenti dell’energia e l’inflazione a guidare la black list). Eppure l’ottimismo non sembra essere venuto meno al primo cittadino.

Sindaco, per fortuna che il 2022 è finito. Concorda? 

“Diciamo che dopo le difficoltà degli anni precedenti nel 2022 ci aspettavamo di vedere finalmente la luce in fondo al tunnel... E invece sono arrivate altre difficoltà”.

Per Rovigo come è andata?

“Un anno di grande lavoro; un lavoro proficuo che ci ha permesso di mettere alla prova la nostra capacità di reperire risorse soprattutto attraverso il Pnrr. E devo dire che 34 milioni di finanziamenti non credo si fossero mai visti. Per raggiungere questo obiettivo ci siamo attrezzati in quanto eravamo ben consapevoli che il 2022 sarebbe stato l’anno decisivo. E così è stato. A questo punto continuiamo ovviamente a tenere monitorati i bandi. Recentemente, ad esempio, abbiamo ottenuto mezzo milione di euro per la modernizzazione e il potenziamento dei servizi della Pubblica amministrazione, e un altro finanziamento per l’efficientamento delle strutture pubbliche, fra cui le palestre. Ma è chiaro che a questo punto il vero impegno sarà mettere a terra i finanziamenti ottenuti. Non sarebbe ragionevole avere una scala di investimenti che non saremmo in grado di gestire”.

I soldi per un massiccio intervento ci sono...

“Ci sono. E sono tanti. Ora bisogna essere bravi a fare i progetti rispettando le procedure ma anche i tempi che ci sono stati concessi. Perché nessuno ha la bacchetta magica”.

Un esempio concreto?

“A febbraio contiamo di chiudere il cantiere dell’ex Cur, in viale Marconi, in cui trasferiremo servizi essenziali a partire dalla Polizia locale. Avrei preferito rispettare i tempi, che prevedevano la chiusura del cantiere a dicembre 2022 ma vista anche la situazione esterna legata ai cantieri direi che ci siamo...”.

Parliamo di qualche progetto nello specifico?

“Nel 2023 riporteremo a casa Parco Langer, e sarà un investimento ambientale di prospettiva. Abbiamo progetti nel settore dell’energia. E gli altri interventi che tutti conoscono, a partire dall’ex Maddalena. Ma più che i singoli interventi, che sono fondamentali lo ripeto, sarà importante una svolta concettuale: Rovigo deve diventare una città attraente verso l’esterno. E per riuscirci va costruita una narrazione diversa. Rovigo è piccola ma ha potenzialità importanti. Dobbiamo partire dalla consapevolezza che l’intera città ha bisogno non di interventi spot ma di una ristrutturazione complessiva e di una svolta reale verso la sostenibilità. Servono progetti ad ampio raggio e la capacità di raccontarli. Dobbiamo riuscire a raccontare Rovigo in maniera diversa, perché non si diventa attraenti se si continua, come vedo da alcune parti, a piangersi addosso”.

Ci fa un esempio di cosa intende per attrattività?

“Ad esempio, noi siamo una città che può aspirare ad essere interessante per la ricettività universitaria. E dunque abbiamo le potenzialità per diventare attraenti per nuovi insediamenti universitari. Grazie alla Fondazione Cariparo e alle due università che hanno i corsi a Rovigo la strada è percorribile”.

Attrattività anche verso i territori più vicini? Cosa ne pensa dei progetti di fusione dei comuni?

“Io resto convinto che il ragionamento debba essere di area vasta. Nel basso Veneto c’è un’area che va da Legnago a Chioggia, compresa la bassa padovana, in cui l’unica città capoluogo è Rovigo e in cui noi e Chioggia siamo le uniche città con più di 50mila abitanti. E questo in un’area da 700mila abitanti. Io penso che qui abbia senso ragionare in termini di area vasta. Il confine amministrativo, credetemi, vale fino a un certo punto. La stessa Zls: va costruita coinvolgendo quest’area vasta nel suo complesso”.

Quindi oltre la provincia?

“Penso ad un’area vasta del basso Veneto in cui Rovigo abbia un ruolo centrale non solo dal punto di vista amministrativo. Un’area in cui il capoluogo diventi soggetto aggregante in una zona fortemente parcellizzata”.

E’ un discorso che in passato si è già sentito, no?

“In passato il ruolo di Rovigo non è mai stato preso in considerazione dalla politica locale. Magari in questo momento, in cui si tende ad aggregarsi con altre realtà più grandi di noi, da Padova a Venezia fino a Treviso è un ragionamento controcorrente. Ma ripeto: da Legnago a Chioggia abbiamo gli stessi problemi e la stessa necessità di presentarci il più possibile uniti. Per farlo, però, vanno abbattuti i tanti, troppi campanili che ancora si vedono”.

E il ruolo di Rovigo?

“Oggi il territorio è frammentato. Per giocare tutta una serie di partite serve invece un’identità comune. Tornando a Padova, Venezia e Treviso, senza mettere in discussione il ruolo delle grandi città, noi dobbiamo attrezzarci portando il valore aggiunto del Basso Veneto”.

Scusi, ma non cozza con le fusioni fra comuni che immancabilmente finiscono in un buco nell’acqua?

“Io sono convinto che le fusioni siano la strada giusta, ma vanno costruite bene. Queste iniziative fanno fatica a prendere piede se non si parte dalle garanzie per i cittadini”.

Tipo?

“Prendiamo per pura ipotesi Rovigo. In caso di aggregazione, in quanto capoluogo dovrebbe essere in grado di garantire servizi migliori a tutti i cittadini. Ve lo vedete? Ecco, prima di fare qualsiasi ragionamento dobbiamo rafforzare la nostra capacità di intervento sul territorio. Dobbiamo sistemare le cose a casa nostra. Altrimenti si correrebbe solo il rischio che ogni operazione venga vista come attività espansionistica. Da parte nostra dobbiamo rafforzare, e non poco, la macchina comunale e la sua capacità di intervento. In questi mesi sono reduce da un tour nelle frazioni. Non solo nel capoluogo ma ancora di più nelle frazioni scontiamo una mancanza atavica di programmazione. Ed è una mancanza che non si recupera con un investimento di 1,2 milioni di euro all’anno in asfalti, che pure sono molti di più di quelli spesi da chi c’era prima di noi. No... Per recuperare anni di disinteresse ne serviranno altrettanti di lavoro se si vuole ridare dignità alle frazioni”.

E siamo al 2023. Cosa dobbiamo aspettarci?

“Sono convinto che vada costruito un percorso lineare che guardi al futuro. Per intenderci, io non sono smanioso di tagliare nastri. E sono preoccupato della continua diminuzione demografica che si registra non solo a Rovigo ma in tutto il Polesine. Per invertire questa tendenza bisogna mettere assieme tutti i tasselli, tornare ad essere attrattivi. C’è un grande lavoro da fare, anche perché la politica locale ci ha dormito sopra per anni, come se non ci fosse la consapevolezza di questa tendenza drammatica”.

Mettere assieme i tasselli. Da dove si parte?

“In questi anni è stato rimesso in sicurezza e rilanciato Interporto, che rischiava di essere svenduto. E’ stato messo in sicurezza il Censer, grazie al contributo decisivo della Fondazione Cariparo, ed è stato un altro tassello importante. Cominciare a mettere in campo eventi culturali di livello è stato un altro passo in avanti. E poi l’energia... Mi chiedo come sia stato possibile che finora fosse mai intervenuto... Recentemente abbiamo chiuso un accordo importante per l’agrivoltaico alle porte di Rovigo, con prospettive molto interessanti”.

A proposito di tasselli: la classifica sulla qualità della vita non dice niente bene. Non crede?

“Non è che Rovigo sia peggiorata. E’ stata ferma per decenni. Gli altri hanno corso. E il risultato è quello che si vede. Noi dobbiamo cominciare a giocare in quel campionato, ma per farlo vanno coinvolte le energie della città, cosa che in passato non è mai stata fatta. La nostra è una comunità con grandi potenzialità, ma per esprimerle bisogna allargare e non chiudersi”.

Sindaco, lei è ottimista?

“Io devo essere ottimista per mestiere, ma senza fare voli pindarici. Il 2023 sarà un anno di lavoro difficile, contrassegnato da un’organizzazione maniacale, perché non possiamo proprio sbagliare nulla. Ma serve un clima sereno. Si apre, come dicevamo prima, una grande sfida che dobbiamo vincere”.

A proposito. Il 2024 è anche l’anno delle elezioni comunali. La domanda è obbligata: si ricandiderà?

“Io sono molto concentrato sul 2023. Una ricandidatura fine a se stessa non avrebbe senso. Tre anni e mezzo fa anni fa mi sono a disposizione della città, e non perché avessi necessità di riscatti o altro. In questo anno e mezzo si deve lavorare per dare corpo ad un’offerta politica per la città, nel mio caso legata al mondo del centrosinistra con una forte attenzione al sociale e all’ambiente. E’ vero, il sindaco uscente se supportato da una proposta politica seria ha un vantaggio di partenza. Ma anche questo mi interessa relativamente. Chiuderò questo mandato a 57 anni, in altri Paesi a 57 anni la carriera politica è finita. In Italia è diverso. Diciamo che in ogni caso spero che ci siano tanti giovani, da una parte e dell’altra, che si impegnino per la cosa pubblica. Io finché sono qua mi impegnerò al massimo. Poi, quando sarà il momento deciderò”.

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