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Spettacoli

“Rovigo, la capitale del mio Pojanistan”

Andrea Pennacchi al teatro Sociale con il suo "Pojana e i suoi fratelli": "I miei personaggi? Nascono al bar".

ROVIGO - “Rovigo è la capitale del Pojanistan”. Andrea Pennacchi ridisegna la cartina geografica del Veneto, lo fa ai tavolini del Caffé Borsari di piazza Garibaldi, quattro passi dal teatro Sociale che lo aspettava (pieno) per lo spettacolo “Pojana e i suoi fratelli”. Sul palco, l’accompagnamento musicale di Giorgio Gobbo e Gianluca Segato, con Christian Reale (fonico) a vegliare su tutti. Sul tavolo del bar, invece, uno spritz: “No, prosecco non ne bevo”.

Andrea ci scuserà, ma la prima domanda è per il Pojana.
Pojana, ma questa Rovigo Cenerentola del Veneto nel suo “Pojanistan” che posto ha?
“Neanche da chiedere: è la capitale! Questo è assolutamente il posto dove nasce tutto. E del resto, qui vicino è nato il mio idolo e il mio maestro: Natalino Balasso, che mi ha insegnato un sacco di cose. Rovigo per me è la capitale morale del Pojanistan”.

Ora però tocca ad Andrea. E ripartiamo dal bar: quanti dei suoi personaggi sono nati qui, al bancone?
“Beh, senza dubbio tutti. Lo dico scherzando, ma anche no: sono una specie di antropologo da bar. Vado nei bar, ascolto molto i personaggi che li affollano, cerco di rubare brandelli di conversazione. E sì: molti personaggi nascono da qui. Poi ovviamente c’è un lavoro da fare, di struttura. Ma l’ascolto della realtà è davvero molto importante in quello che faccio”.

Nello spettacolo non solo Pojana ma, appunto, i suoi fratelli: Edo il security, la maestra Vittorina, Tonon il derattizzatore e tanti altri. Quanto c’è di verità?

“Per sei anni ho fatto il teatro-carcere. I personaggi sono costruiti a partire da persone reali, ma non esistono nella realtà. Anche il Pojana, in purezza, non esiste: ci sono momenti in cui in tutti noi emerge, ma non c’è una persona che è il Pojana per tutta la vita. Sarebbe un po’ difficile, perché il Pojana è una specie di demone, come del resto anche tutti i suoi fratelli. Sono delle maschere, dei caratteri: è difficile vivere tutta una vita come la loro. Ma sì: dalle esperienze che ho fatto nascono i miei personaggi, impossibile negarlo”.

Pennacchi, dica la verità: come fa a parlare dialetto veneto su La7 e farsi apprezzare da tutta Italia?
“Sostanzialmente ci sono due ricette: da un lato bisogna ricordare, e anche noi per primi ce ne siamo dimenticati, che il veneto è effettivamente una lingua letteraria, che per anni ha girato per tutta l’Italia ed è stata perfettamente comprensibile. Dall’altro, devo dire che i ragazzi di Propaganda Live sono aperti e illuminati: amano davvero il lavoro sul dialetto che faccio. Unendo le due cose, sembra che il risultato funzioni. E poi, alla fine, io faccio personaggi veneti perché io sono veneto: cerco però di scavare a fondo, per trovare un’universalità e una comprensibilità che li renda comprensibili a livello nazionale”.

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