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ROVIGO

Nella bottega del caffè tra vizi, giocatori e maschere

Domenica scorsa Michele Placido al Teatro Sociale con l'opera di Goldoni

Nella bottega del caffè tra vizi, giocatori e maschere

ROVIGO - Al Teatro Sociale, domenica sera, si è respirata aria veneziana. Proprio nei giorni in cui si celebra il Carnevale, sul palco rodigino di tradizione, è andato in scena lo spettacolo “La bottega del caffè”, storica drammaturgia di Carlo Goldoni. Protagonista della pièce, Michele Placido, nei panni di Don Marzio, colui che all’interno della variegata commedia goldoniana di metà ‘700 è al centro, ingannando con la lingua e proferendo falsità.

Il parlar troppo o il parlar falsamente sono temi che riguardano da vicino la nostra società. Il testo goldoniano è molto attuale, così come lo è il linguaggio: pur essendo una commedia, in tre atti, ambientata a Venezia, la lingua è quella toscana secondo quel principio che Carlo Goldoni iniziò a perseguire con la sua riforma del teatro per la quale tutti dovevano comprendere tutto, a qualunque latitudine.

Intrigante la scenografia, minimale e pulita: rende l’idea di quella classe sociale piccolo borghese tanto investigata da Goldoni anche in questa commedia. Una commedia che non strappa la risata, ma che fa riflettere lo spettatore principalmente grazie al testo.

Suddivisa in tre atti, la regia di questa produzione di Paolo Valerio, ha voluto rendere lo spettacolo un tutt’uno, intervallato soltanto da quadri estetici che diventano intermezzi d’arte, caratterizzati non soltanto dalla musica, ma anche dall’utilizzo della bauta veneziana dato il periodo in cui la storia è ambientata, ovvero quello di Carnevale. Con ironia, Goldoni tratteggia le criticità di una classe sociale in ascesa, ma che pensa all’utile, al soldo e non ai propri ideali, sintetizzata nella figura di Eugenio, giovane mercante pieno di debiti per il gioco.

È un testo di per sé denso di contenuti, pertanto la resa è complessa e necessita di un certo ritmo per poter essere appagante. Una nota di merito va a Ridolfo, caffettiere della bottega, colui che sembra reggere con leggerezza i fili della trama, interpretato da Francesco Migliaccio.

L’attesa per la stagione di prosa del Sociale ora è tutta per Stivalaccio Teatro, bravissimi attori veneti che dello studio della commedia dell’arte in chiave moderna hanno fatto il loro marchio di fabbrica. Appuntamento lunedì 27 febbraio alle 21 con “Arlecchino muto per spavento”, soggetto originale e regia di Marco Zoppello.

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