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ROVIGO

Renoir già oltre i 50mila visitatori

La mostra da record dedicata al grande artista francese è in esposizione a palazzo Roverella

Renoir già oltre i 50mila visitatori

ROVIGO - Si conferma una mostra dei record quella in corso a palazzo Roverella e dedicata a Renoir. Nel fine settimana appena concluso, nonostante un tempo non proprio invogliante, “Renoir. L’alba di un nuovo classicismo”, proposta a Palazzo Roverella da fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e il sostegno di Intesa Sanpaolo, ha superato i 50mila visitatori.

La mostra, curata da Paolo Bolpagni, ha dimostrato di essere riuscita a centrare un doppio obiettivo: piacere al largo pubblico e soddisfare anche chi in una grande esposizione cerca elementi di novità.

Pierre-Auguste Renoir (1841-1919) è stato uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo. Questa fase della sua produzione è la più nota al grande pubblico, ma fu caratterizzata da una certa disparità di vedute con Monet, Pissarro e Degas. Già verso la fine degli anni Settanta Renoir era tormentato dall’insoddisfazione, dal bisogno di trovare vie alternative. Il viaggio compiuto in Italia nel 1881-1882 fu importante nel far evolvere la sua arte: da qui, dalla luce di Venezia e del Mediterraneo, dalla lezione dei grandi maestri del passato (Carpaccio, Raffaello, Tiziano, Rubens, Tiepolo, Ingres) e dalle riflessioni sulla tecnica pittorica nacquero i germi di una sorta di nuova classicità.

Renoir arrivò così ad anticipare via via non pochi aspetti del “ritorno all’ordine” che sarebbe esploso verso la fine degli anni Dieci del Novecento in reazione alle avanguardie. Insomma, la fase matura e poi conclusiva della sua carriera, su cui s’incentra questa mostra, non fu affatto un periodo di decadenza, ma anzi si rivela quasi, con le opere pacate, sontuose e spesso monumentali che la connotano, un presagio di sviluppi successivi dell’arte. L’intento è quindi di porre in risalto l’originalità di una produzione che non fu per nulla attardata, ma che costituì uno dei primi casi di quella “moderna classicità” che sarebbe stata perseguita da molti pittori e scultori degli anni Dieci, Venti e Trenta, in maniera speciale in Italia.

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