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Giovani polesani: poveri al lavoro e sempre più tardi in pensione

La prospettiva secondo Cgil che attende gli under 35 da poco entrati nel mercato

Giovani polesani: poveri al lavoro e sempre più tardi in pensione

ROVIGO - Giovani polesani: poveri al lavoro indigenti in pensione. Secondo lo Spi Cgil di Rovigo è la prospettiva che attende gli under 35 da poco entrati nel mercato del lavoro, delineata da una recente ricerca realizzata dal Consiglio nazionale dei giovani. I giovani polesani potranno ritirarsi solo dopo i 70 anni, con assegni da mille euro. Per garantire un futuro decoroso, secondo lo Spi Cgil di Rovigo, è necessario offrire salari dignitosi e contrastare la precarietà”.
La ricerca sottolinea quanto sia grave la distorsione dell’attuale sistema pensionistico, che non soltanto proietta nel tempo disuguaglianze reddituali, ma addirittura punisce i lavoratori con i redditi più bassi, costretti a rimanere nel mercato del lavoro per più tempo. “Prendiamo l’esempio di un ragazzo polesano che ha iniziato a lavorare nel 2020 a 22 anni: per lui l’età pensionabile scatterà a 71 anni, nove in più rispetto all’età pensionabile attuale. Nel 2021 gli under 25 hanno ricevuto in media 735 euro lordi al mese; non va tanto meglio ai giovani tra 25 e 34 anni, che hanno percepito 1423 euro lordi. Sempre nel 2021 più di un under 35 su quattro ha guadagnato meno di 5mila euro all’anno. Arriva al 16 per cento la quota dei giovani con una retribuzione compresa tra i 5mila e i 10mila euro. Ai bassi salari si aggiungono carriere discontinue e contratti precari. Nel decennio 2011-2021 la quota dei giovani con contratto a tempo indeterminato è scesa dal 70 al 60 per cento; nello stesso periodo è aumentata l’incidenza dei rapporti a termine e quella degli atipici, salita dal 30 al 40 per cento”.
“È necessario rafforzare il patto intergenerazionale - dichiara Nicoletta Biancardi, segretaria generale dello Spi Cgil di Rovigo -, soprattutto in un sistema previdenziale a ripartizione come il nostro, dove i contributi dei lavoratori attivi servono a pagare gli assegni di chi si trova già in pensione. Bisogna introdurre una pensione contributiva di garanzia, inserendo elementi di solidarietà all’interno del sistema. Parlare di giovani significa contrastare la precarietà e aumentare i salari, da qui bisogna partire. Strada esattamente opposta a quella intrapresa nell’ultima legge di bilancio e con il decreto lavoro, con l’allargamento dei voucher e la proroga dei contratti a termine. La tutela previdenziale per il futuro dei giovani è una delle tante ragioni della nostra mobilitazione, che ci riporterà in piazza a Roma il 7 ottobre per una grande manifestazione nazionale”.

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