VOCE
ROVIGO
28.10.2020 - 09:09
Una delle anziane mentre viene tormentata con una scopa
Il processo si è subito aperto con uno scontro tra accusa e difese, con le seconde ben determinate a non fare entrare nel procedimento le intercettazioni che, in questo caso, costituiscono una grandissima parte del materiale su cui si fonda l’ipotesi di reato di maltrattamenti.
Quest’ultima viene contestata, a vario titolo, a carico di quattro oss, ossia operatrici sociosanitarie, all’epoca dei fatti in servizio all’Iras, Istituto rodigino di assistenza sociale, la struttura per anziani di Rovigo, per la precisione al nucleo "arancione" di San Bortolo, destinato ai non autosufficienti. In origine gli imputati erano nove, ma in udienza preliminare sono stati prosciolti in cinque, lasciando, appunto, a giudizio le quattro oss.
Il capo di imputazione contesta "violenze fisiche, quali percosse, offese, minacce, altri atti denigratori e lesivi della dignità umana, nonché omissioni dei propri doveri d’assistenza". Dietro l’etichetta di maltrattamenti, contestati a vario titolo alle quattro imputate, ci sarebbero vari comportamenti: le anziane non sarebbero state picchiate con violenza, ma ci sarebbero stati cambi di biancheria fatti in maniera rude, prese in giro, offese, schiaffetti, buffetti e umiliazioni di vario tipo, scherzi anche feroci. Al primo passaggio in aula, di fronte al giudice Mabel Manca, le difese hanno immediatamente contestato la ammissibilità delle intercettazioni audio e video.
Non una questione da poco, dal momento che la quasi totalità dell’indagine si fonda proprio sulle riprese fatte dalle telecamere e dai microfoni nascosti dalla squadra mobile negli ambienti dell’Iras. Il giudice si è riservato la decisione, annunciando che scioglierà la riserva alla prossima udienza. Due le famiglie che hanno intenzione, come parte civile, di affiancare l’accusa nel procedimento.
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