Solo 15 nuovi casi, ma l'incidenza dei positivi in Polesine continua a crescere
Il caso
05/04/2018 - 09:30
E’ tornata a casa dall’ospedale piangendo. E ha scritto una lettera all’infermiera: “Non mi puoi trattare così, quando ho un tumore e non so quanto camperò...”. E’ una storia terribile quella raccontata dalla figlia di un’ammalata di tumore, costretta da due anni ad utilizzare le protesi per evacuare attraverso un catetere e sottoposta a cicli continui di chemioterapia.
Una storia tristissima, che la figlia ha deciso di raccontare dopo avere visto la madre tornare a casa piangendo. Nell’agosto di due anni la donna è stata operata per un tumore al colon. E da allora vive con un’apertura alla parete addominale per liberarsi delle feci.
I sacchetti applicati alla pelle dell’addome 24 ore su 24 sono essenziali per la sua vita quotidiana. Quelle protesi sono la sua salvezza. Ma non sempre sono disponibili. “Ieri è tornata a casa piangendo - racconta la figlia - all’ambulatorio protesico, dopo un mese di inutile attesa, l’infermiera ha avuto il coraggio di risponderle che in tanti non protestano nemmeno per i sacchetti che mancano, ma se li vanno a comprare”. L’altro consiglio dell’infermiera è stato di fondare un comitato. Basta e avanza per umiliare un’ammalata.
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