VOCE
IL CASO
21.03.2019 - 18:32
L'orco era in agguato su Facebook
Agganciata su Facebook, nel 2012, quando aveva appena 12 anni, da un sedicente 16enne, in realtà 30enne, che la avrebbe trascinata in un vortice di scambio di immagini porno e di atti sessuali in webcam, inducendola a credere di avere una relazione e creando un primo approccio alla sessualità completamente sbagliato.
Questa la ricostruzione dei fatti sulla base della quale il pubblico ministero, nella mattinata di giovedì 20 marzo, ha domandato la condanna dell’imputato a 5 anni e 6 mesi di reclusione, per le ipotesi di reato di atti sessuali con minori e corruzione di minori.
A fare emergere quanto stava accadendo, mettendo in grado i genitori di correre alle forze dell'ordine a denunciare la situazione, sarebbe stato un banale problema tecnico del computer di famiglia. Surriscaldato dall'uso prolungato, sarebbe andando in tilt, spegnendosi, e spento lo avrebbe lasciato, sempre secondo questa ricostruzione dei fatti, la ragazzina.
Alla successiva accensione, il giorno dopo, da parte del padre, le pagine aperte sarebbero state ripristinate, consentendo al genitore di farsi una idea sin troppo precisa e dettagliata della situazione.
La discussione dell'udienza è cominciata nella mattinata di giovedì 21 marzo, di fronte al Collegio formato dai giudici Nicoletta Stefanutti, Laura Contini e Mabel Manca. La difesa ha fornito una ricostruzione dei fatti differente. In primo luogo ha spiegato come la ragazzina non avrebbe avuto l'età per iscriversi a Facebook, essendo, appunto, appena 12enne. Così che, ha argomentato l’avvocato Monica Malagutti, legittimamente chi interagiva con lei non poteva sapere che avesse solo 12 anni.
Non solo: la difesa ha anche ribadito come, in realtà, questi episodi non avrebbero provocato alla minore le conseguenze delle quali aveva parlato l'accusa, in termini di gravità. Ha quindi richiesto l'assoluzione e, in subordine, la riqualificazione dei reati contestati.
Argomentazioni che devono avere fatto breccia, perlomeno in parte, nel collegio, dal momento che la condanna è sì arrivata, ma a una pena inferiore, ossia 3 anni e 4 mesi, col riconoscimento della lieve entità dei fatti contestati. La difesa ha, comunque, già annunciato appello, una volta lette le motivazioni della sentenza di primo grado.
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