VOCE
FIPSAS
05.04.2019 - 15:50
Una vera e propria impresa di salvataggio, portata a termine da Fipsas provinciale Rovigo, con il pieno appoggio della Provincia. I volontari hanno tratto in salvo, infatti, tra i sei e gli otto quintali di pesce, soprattutto grosse carpe, che la siccità di questo periodo aveva intrappolato in specchi d'acqua chiusi e che quindi sarebbero statedestinate a morire o per asfissia, mano a mano che le acque si sarebbero ritirate, con il sopraggiungere della stagione calda, o per le incursioni dei pescatori di frodo, che sono purtroppo specializzati nel razziare golene e zone del Grande Fiume dove considerevoli quantitativi di pesce restano bloccati. Episodi del genere, anche nel recente passato, sono stati infatti ampiamente documentati, nonostante la pesca sia assolutamente vietata, quando la fauna ittica si trova in queste evidenti situazioni di difficoltà.
Il blitz delle guardie ecologiche, coordinate da Alessandro Pagliarini, e dei volontari Fipsas è scattato nel tratto polesano del Grande Fiume. La località esatta non viene, volutamente, rivelata, per evitare che i bracconieri d'acqua dolce la individuino e, in simili circostanze, possano la prossima volta arrivare prima di Fipsas. A segnalare la situazione per primo è stato un dipendente Aipo, la Agenzia che costantemente sorveglia e monitora il fiume Po. Ha trasmesso l'allarme alla Provincia di Rovigo, competente per ambiente e pesca in acque interne. Palazzo Celio ha quindi provveduto ad allertare immediatamente Fipsas, divenuta ormai un interlocutore fondamentale, per le istituzioni. Non solo quando si tratta di contrastare il fenomeno del bracconaggio, ma anche per eseguire interventi urgenti.
Le carpe in difficoltà sono state catturate con grandi retini, collocate in casse piene d'acqua, trasportate per un breve tratto e rilasciate lungo il corso principale del fiume. La giornata, umida e piovosa, ha limitato al massimo il disagio per il pesce, nel corso delle operazioni. Fipsas ha operato con propri mezzi, personale e risorse, grazie anche all'entrata a pieno regime del progetto "acque in concessione", che prevede che sia proprio l'associazione a seguire vari chilometri di fiume, divendone responsabile.
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