VOCE
Stati generali dell'editoria
20.06.2019 - 19:35
Agli Stati generali dell’editoria, la File chiede subito la moratoria per la tagliola al contributo: “Noi vogliamo parlare della riforma del settore, che è importante. Ma vogliamo arrivarci da vivi, non da morti”.
A prendere la parola, alla riunione di Roma, è stato Samuele Bertuccio, direttore generale della Voce di Rovigo e vicepresidente File, che nel suo intervento ha spiegato: “Volevo precisare come funziona l’attuale normativa: oggi lavoriamo per l’esercizio 2019 e intanto stiamo chiudendo i bilanci 2018 con le regole di una normativa del 2016 che proprio adesso vede il suo primo anno di intervento. Nel passato ci saranno state sicuramente distorsioni nelle modalità di erogazione del contributo, che oggi sono profondamente cambiate come è giusto che sia. L’intervento pubblico viene erogato su criteri e parametri importanti, non più su diffuso e tirato ma sul venduto e su una percentuale tarata su questo, chi finisce al di sotto viene escluso del tutto dal contributo”.
Ha poi aggiunto: “Mentre parliamo, noi lavoriamo in sette dodicesimi un esercizio, un bilancio che vede già il calo del 20% del contributo. Ciò pone le aziende nella condizione di dover riflettere e ragionare sul loro futuro. Perché già a dicembre dovranno pensare a lavorare con un budget che taglia del 50% rispetto all’eccedenza sui 500mila euro. Perciò la nostra richiesta, come File, che abbiamo presentato insieme ad altre associazioni e sigle, è quella di essere disponibili a ragionare sul percorso futuro, ma di ritenere necessaria una moratoria alla normativa che prevede nel 2021 un taglio del 75%, e che nel 2022 si azzererà per le società cooperative e non profit anche se il fondo non verrà eliminato”.
E poi la sottolineatura: “L’informazione di qualità costa. Ho apprezzato il richiamo del sottosegretario Crimi alla buona informazione. Ma questa ha un costo, la professionalità si paga. C’è da ridiscutere dei contratti nazionali che per noi editori di cooperative di giornalisti diventano onerosi e che risalgono al dopoguerra, diretti agli editori dei grandi quotidiani del tempo”.
Infine l’appello: “Noi vogliamo discutere, ma abbiamo bisogno di poter ragionare serenamente. Noi vogliamo una riforma, ma vogliamo arrivarci da vivi”.
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