VOCE
Il caso
11.08.2019 - 22:18
Ecco l’intervento dell’avvocato Luigi Migliorini, sulla vicenda dei diritti esclusivi di pesca sulla laguna di Scardovari. Tema che impegna soprattutto giuridicamente, ma che ha risvolti sul lavoro e sull’esistenza dei pescatori bassopolesani (1.500 impiegati nel Consorzio dei pescatori polesani.
"La questione dei diritti esclusivi di pesca della Provincia è in fase di stallo, con commenti di taglio diverso, spesso fuorvianti. Sulla Voce di Rovigo ho letto l’unico intervento che, a mio avviso, ben focalizza le problematiche, cioè quello di Giuseppe Traniello Gradassi (con cui sinora mai ho concordato). Più di qualcuno enfatizza un parere dell’avvocatura nazionale dello stato che equiparerebbe l’ acquacoltura alle concessioni demaniali marittime ed attività produttive ai fini della proroga di 15 anni prevista dall’articolo 1 del decreto delle 5 ottobre 1993 numero 400 e dall’articolo 1 comma 682 della legge numero 145/2018. Senza pretese di certezze, non concordo con tale interpretazione, peraltro per quanto attiene al caso specifico è, a mio avviso, irrilevante perché, a quanto risulta, l’avvocatura generale non avrebbe nel parere mai fatto specifico riferimento ai diritti esclusivi di pesca, il cui concetto non coincide con quello di acquacoltura. In ogni caso la legge regionale 24/4/1998 numero 19 disciplina in linea generale l’attività ittica e il relativo regolamento all’articolo 40 stabilisce: “L’attività di acquacoltura esercitata dagli imprenditori ittici in acque poste in aree del demanio pubblico è soggetta ad autorizzazione da parte della Struttura regionale competente”.
Aggiunge Migliorini: "Nessuno sinora ha sostenuto che tale autorizzazione sia stata rilasciata al Consorzio o richiesta dallo stesso. In linea generale va rammentato che le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno più volte affermato che i diritti esclusivi di pesca hanno natura privatistica e di carattere reale e non hanno per oggetto l’utilizzazione del mare territoriale, ma della popolazione ittica di un determinato territorio. Pertanto l’atto con cui l’Ente pubblico titolare del diritto esclusivo lo cede temporaneamente integra un negozio privatistico inerente al patrimonio disponibile dell’Ente. La soluzione potrebbe ricercarsi appunto in questo ambito di contratto privatistico, lasciando perdere l’inseguimento di chimeriche proroghe.
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