VOCE
Il caso
28.08.2019 - 10:59
Don Tiziano Bruscagin, attuale parroco di Villa del Bosco, nel comune di Correzzola, è stato contattato dalle Iene che gli hanno chiesto perché non rivela chi ha assassinato il 18enne di Goro Willy Branchi.
"Qualche giorno dopo il delitto il prete mi dice che sa chi ha ammazzato Willy, ma che non può dirmelo perché obbligato dal segreto della confessione" aveva dichiarato nel 1996 il comandante dei carabinieri della stazione di Goro, in provincia di Ferrara, in un verbale andato all’epoca "perduto". Don Tiziano Briscagin, parroco di Goro all’epoca del delitto Branchi (il 1988), ora in servizio come collaboratore pastorale a Villa del Bosco di Correzzola. E' indagato nella nuova inchiesta aperta nella vicenda con l’accusa di false dichiarazioni e di calunnia, perché da trent’anni una cappa di impenetrabile omertà impedisce di far luce sul caso.
L’inchiesta
Tutto è nato dalla riapertura dell’inchiesta ottenuta dal gip Carlo Negri dopo una richiesta di archiviazione presentata dalla procura che, con il precedente pm Giuseppe Tittaferrante, aveva stigmatizzato la assoluta omertà del paese di Goro e dei testimoni ascoltati durante le indagini.
Nelle settimane scorse sono state diverse le persone sentite dal magistrato e dai carabinieri e sono in corso anche attività richieste dal legale della famiglia, mentre si sta valutando la possibilità di avere nuovi risultati di tipo medico legale da una traccia di Dna, isolata sul corpo di Willy. L’inchiesta vede inoltre a processo un pensionato del paese con la stessa accusa e nuovamente don Bruscagin – già indagato e poi archiviato – per aver in parte ritrattato. Nei mesi scorsi le indagini, condotte da un nuovo magistrato, il pm Andrea Maggioni, hanno ripreso vita.
L’avvocato
Ieri mattina l’avvocato Simone Bianchi e il fratello della vittima Luca Branchi hanno spiegato, durante una conferenza stampa decisamente dura, i nuovi risultati dell’inchiesta e l’appello della famiglia agli esponenti della chiesa è senza filtri: «Quel prete non può continuare ad esercitare, lo devono fermare». «Siamo davanti all’ennesimo colpo di scena» sostiene l’avvocato Bianchi «Più andiamo avanti più emergono dettagli macabri e importanti sulla morte di un ragazzino indifeso. E la rabbia sale, perché c’è chi sa tutto e continua a tacere. C’è chi sa come e da chi Willy è stato ucciso e non lo dice ed ancora più grave è che a tenere alto il muro del silenzio sia un parroco, una persona che dovrebbe stare sempre stare dalla parte delle vittime e che invece preferisce coprire gli assassini».
Nuovi elementi
«Quello che hanno fatto a Willy Branchi è agghiacciante» sottolinea l’avvocato «dall’autopsia è emerso, e questo è un nuovo elemento, che il ragazzino è stato legato prima di essere ucciso così da impedirgli di agire e quindi immobilizzato anche con un’altra corda. Gli hanno sparato con una pistola usata per uccidere i maiali, lo hanno spogliato e lasciato sull’argine, dove è stato trovato senza vita».
Don Bruscagin secondo l’accusa sa tutto. E lo sa «perché lo ha detto al telefono sia a me che al giornalista Nicola Bianchi ed è tutto registrato» aggiunge l’avvocato Bianchi. Il prete parla dell’arma, fa nomi e cognomi e dice anche che ci sono persone a Goro che sanno esattamente cosa sia accaduto. Però poi, d’un tratto, si tira indietro ed anzi fa sapere che «pregherò per Willy, per l’anima di quel povero ragazzo. Ma sono passati tanti anni e di quella storia non ricordo più nulla».
Le telefonate
Una doccia fredda per la famiglia e per l’avvocato, che però non molla, presenta un atto di opposizione all’archiviazione e il gip lo accoglie. Don Bruscagin non convince. «Nel 2014 sono andato a parlare con il prete e quasi senza pensare mi detto dove erano stati buttati i vestiti di Willy. Il corpo senza vita giaceva sull’argine di un canale interno, i vestiti vicino al Porto. Il don si è sempre celato davanti ai giudici dietro al sentito dire, dietro alla famosa vox populi. Ecco, ci vuole fare credere che mezzo paese sapeva dei vestiti e nessuno però lo ha mai detto? E per quale motivo?» domanda il legale, che così si risponde: «La realtà è che invece lui sa perfettamente come sono andate le cose, e non lo vuole dire. Preferisce essere accusato eventualmente di false affermazioni e tenere la bocca cucita. Ognuno si può avvalere della facoltà di non rispondere, è un diritto e tale deve restare» precisa l’avvocato «Certo è che però il sacerdote ha parlato, ha raccontato e soprattutto non è ammissibile che un uomo di chiesa possa continuare a coprire gli assassini di un ragazzino indifeso. Non è ammissibile che un uomo di chiesa non si schieri dalla parte dei più deboli e di una madre, un padre e un fratello che non hanno più lacrime da versare. La chiesa deve prendere provvedimenti e noi intanto andiamo avanti». —
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