VOCE
SANITA'
17.09.2019 - 08:58
Sala operatorio (Foto d'archivio)
"Siamo stati osservatori silenziosi per alcuni mesi. Ció, nella speranza che il mantenimento della qualifica di spoke per il nostro ospedale e le rassicurazioni della Regione smentissero il nostro scetticismo. Lungi, però, dal rimanere inerti, abbiamo continuato a coltivare i nostri contatti, tenendo viva l'attenzione sulla policy aziendale dell'Ulss 5 Polesana. E quanto rilevato non ci conforta per nulla". Lo spiega la nota stampa del Comitato per la difesa dell'ospedale di Adria e dei servizi sociosanitari del Bassopolesine, che ponte l'attenzione su alcune problematiche che starebbero emergendo in questo periodo.
"Se si 'perpetra' l'unificazione delle sale operatorie all'insaputa, non solo dei cittadini, ma anche di molti dei medici interessati - elenca la nota - se, anche a causa di questa decisione, un eccellente medico ospedaliero adriese si è visto costretto ad alzare bandiera bianca, preferendo il "mestiere", tutt'altro che facile, del medico di base; se risultasse vero che il caos sui codici della farmacia ospedaliera sta perseverando, a oltre due anni e mezzo dall'unificazione dell'Ulss 18 e 19; se risultasse vero che, anche a causa di questo caos, molti materiali vengono riforniti, ad Adria, con sistematico ritardo".
"Se continua ad esserci un problema con le liste d'attesa, tranne, ovviamente, nel mese di agosto; se si rischia la chiusura di servizi, perché il personale è in vista della pensione e, ad oggi, non si è avuta alcuna notizia di misure messe in atto per il suo avvicendamento; se la Regione pensa di 'bruciare' i medici neolaureati, affidando loro i "codici bianchi" in una realtà come quella dei nostri Pronto Soccorso, senza l'assistenza di medici più esperti; se le strutture di ricovero dei nostri anziani e i non autosufficienti sono gestite, in alcuni casi, da soggetti che perseguono, con fredda determinazione, esclusivamente il risultato economico, a detrimento del benessere e dei diritti degli ospiti, dei loro familiari e dei lavoratori, non possiamo che rimpiangere un servizio sanitario e socio-sanitario accentrato e non più delegato alle Regioni. E non possiamo, purtroppo, permetterci di guardare al futuro di questo territorio, con quella legittima serenità che vorremmo per noi e per i nostri figli".
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