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Il punto di vista

Cipriani: “Rovigo è nella cucina italiana”

Il patron dell'Harrys' Bar: “I piatti tipici sono quelli delle trattorie come l’Arcadia, dove si trovano accoglienza e gusto”

Cipriani: “Rovigo è nella cucina italiana”

Arrigo Cipriani, patron dell'Harry's Bar di Venezia

I piatti tipici non sono di Rovigo o di Venezia, ma della cucina italiana. Un po’ come la pasta e fasoi, magari ci metti un pezzo di patata in più dentro, ma quella è”. Arrigo Cipriani, l’oste più famoso d’Italia, e quindi del mondo, racconta un po’ del suo rapporto col Polesine, al quale è legato negli ultimi anni dall’intitolazione dell’istituto alberghiero di Adria a suo padre Giuseppe, fondatore dell’Harry’s Bar di Venezia, locale leggendario e senza tempo. “L’ultima volta che sono passato a Rovigo ho visto una bellissima esposizione di prodotti in fiera” prosegue Cipriani, riferendosi a ExpoRovigo, dove ha presentato il suo ultimo libro “Tutti gli chef sono in tv... e noi andiamo in trattoria” (edito Biblioteca dei Leoni).

Nel libro ho nominato una trattoria polesana, l’Arcadia di Porto Tolle - precisa il patron dell’Harry’s Bar - perché, come le altre che ho citato del Veneto, rappresentano i luoghi dove sono conservati i valori dei ristoranti italiani”. “Sono due le cose fondamentali che ritrovi in una trattoria - prosegue - l’accoglienza e il nostro gusto. La prima si è persa nei ristoranti moderni e stellati, dove semplicemente ti dicono ‘Prendi il mio menu e dimmi quanto bravo sono’. Luoghi dove il cliente deve essere per forza sbalordito come fosse in un teatro. Ma c’è andato a mangiare, non a guardare un’opera. Parlando del gusto, invece, nelle trattorie troviamo ancora quello che ci appartiene, che è stato costruito in centinaia d’anni dalle donne di casa, e che ci deve essere. Usare prodotti che non hanno un legame con il nostro territorio è una forzatura che non ha alcuna base nel tempo. Il cibo che si mangia meglio è quello che ci hanno abituato a consumare le nostre famiglie tutti i giorni”.

Il parallelo che Cipriani fa della cucina italiana, e quindi per trasposizione anche di quella polesana, è con l’architettura e la letteratura dello Stivale. “L’Italia ha milioni di stili architettonici ma, di base, una letteratura che, già dal 1300, è legata a una lingua che si comprende dal nord al sud - le parole dell’oste veneziano - è un dato unico, che non esiste in un’Europa che hanno cercato di unire con l’unica cosa astratta che esiste: la moneta. Invece l’Italia ha una lingua comune, nell’architettura come nella pittura, e anche nel cibo. Dicevo della pasta e fagioli, c’è ovunque in Italia, ma appena si varcano i confini non la trovi più”. Nella varietà, secondo Cipriani, c’è l’unione del Paese. “La cucina come elemento di unione dell’Italia - ribadisce - tanto è vero che in America le guide gastronomiche si erano inventate la cucina del Sud e quella del Nord Italia: ma non esiste, c’è la cucina italiana, poi magari al Sud usano più aglio, ma la tradizione è quella”. “Per questo - conclude Arrigo Cipriani - quando si entra in un ristorante una persona vuole essere accolta, la cucina proposta deve avere la forma della libertà senza alcuna imposizione, e che sia Rovigo o Padova, importante che sia una preparazione tradizionale”.

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