VOCE
CASO COIMPO
29.10.2019 - 16:46
Le quattro vittime della nube mortale
La discussione era cominciata lo scorso 2 ottobre, quando il pubblico ministero Sabrina Duò aveva domandato le condanna per gli otto imputati (LEGGI ARTICOLO), nel processo che come ipotesi principale di reato aveva quella di omicidio colposo plurimo, per le quattro vite stroncate, il 22 settembre del 2014, secondo l'accusa, da una nube tossica, generatasi nello stabilimento Coimpo - Agribiofert che si trova in località America, Ca' Emo, Comune di Adria. Una delle peggiori tragedie sul lavoro della storia recente del Polesine.
La sentenza è arrivata nel pomeriggio di martedì 29 ottobre, esattamente a cinque anni, un mese e una settimana di distanza da quella strage. Morirono Nicolò Bellato, 28 anni, di Bellombra, impiegato di Coimpo; Paolo Valesella, 53 anni, di Adria, operaio Coimpo; Marco Berti, 47 anni, di Sant’Apollinare, dipendente Coimpo; Giuseppe Baldan, 48 anni, di Campolongo Maggiore.
Secondo la ricostruzione dell'accusa, tutto accadde durante lo sversamento di acido, portato dalla autocisterna di Baldan, autotrasportatore, in una vasca di fanghi, quella che divenne poi tristemente nota come la "Vasca D". Le due aziende, infatti, si occupavano proprio di questo: ricevere fanghi, da impianti di depurazione e simili, classificati come rifiuti, trattarli come da prescrizioni ottenute dalla Provincia in sede di autorizzazioni, quindi spanderli sui campi, come fertilizzanti.
Secondo l'impostazione accusatoria, però, basata anche sulle risultanze della consulenza disposta dal giudice Nicoletta Stefanutti nel corso del dibattimento, il processo lavorativo non sarebbe avvenuto in rispondenza a quello autorizzato, che già di per sé è stato ritenuto dai consulenti dei manica sin troppo larga. La Provincia, per esempio, non avrebbe tenuto nelle debite considerazioni le emissioni, pure esistenti in un impianto di questo tipo. Un concetto ribadito varie volte dal pubblico ministero nel corso della requisitoria, quando ha ripetuto come vi sia un ex dipendente provinciale, che avrebbe curato anche alcuni procedimenti relativi al caso Coimpo, indagato per corruzione. Sarebbe stato, in sostanza, l'uomo di Coimpo all'interno della Provincia, con il compito di agevolare il lavoro dello stabilimento.
Una situazione, quella di Palazzo Celio, quindi piuttosto particolare: da un lato parte civile nel processo, poiché Coimpo avrebbe violato le autorizzazioni rilasciate, dall'altra però spessa tirata in ballo in maniera non propriamente lusinghiera, proprio per quelle autorizzazioni.
Questo processo lavorativo non corretto - sempre secondo la ricostruzione accusatoria - unito alla mancanza di dispositivi di sicurezza, che avrebbero potuto rivelare che, quel 22 settembre del 2014, stava maturando una reazione pericolosissima, nella vasca, avrebbe provocato la tragedia.
Tragedia nella quale non mancarono i momenti di eroismo, che a tutt'oggi danno i brividi. Quando Baldan, che aveva portato l'autocisterna che, secondo questa ricostruzione, stava sversando acido sulla vasca dei fanghi, si sentì male, Berti e Bellato, negli uffici, al sicuro, videro che qualcosa stava andando storto dalla videosorveglianza ed entrarono in azione con un coraggio incredibile. Presero un pick up e corsero a cercare di portare aiuto all'autotrasportatore. Fecero appena a tempo a prendere il corpo per provare a sollevarlo, poi crollarono anche loro. Al suo fianco. Il corpo di Valesella venne trovato due ore dopo, a 73 metri dalla vasca. Era intento a una lavorazione del tutto differente, quando la nube lo stroncò. Rossano Stocco, poi, oggi tra gli imputati, si caricò in spalla un collega, stordito dalle esalazioni, destinato alla morte, e lo portò in salvo.
A giudizio si trovavano: Gianni Pagnin, 67 anni, di Noventa Padovana; Alessia Pagnin, 42 anni, la figlia, di Noventa Padovana; Glenda Luise, 29 anni, di Adria; Mauro Luise, 57 anni, di Adria, ma residente in Romania, tutti individuati dall'accusa come componenti della compagine societaria di Coimpo; Rossano Stocco, 57 anni, di Villadose, amministratore di Agribiofert; Mario Crepaldi, 63 anni, di Adria, dipendente Coimpo; Michele Fiore, 42 anni, di Ferrara, direttore tecnico di Agribiofert; Alberto Albertini, 60 anni, di Dolo, datore di lavoro dell'autotrasportatore morto.
Questo il contenuto del dispositivo letto, in aula, dal giudice Nicoletta Stefanutti: condanna Mauro Luise a 6 anni e 6 mesi di reclusione e 8 mesi di arresto; Gianni Pagnin a 7 anni, 8 mesi e 15 giorni di reclusione e 8 mesi di arresto; Rossano Stocco a 3 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione e 4 mesi e 10 giorni di arresto; Alessia Pagnin e Glenda Luise a 3 anni, 9 mesi e 20 giorni di reclusione e 20 giorni di arresto; Michele Fiore a 3 anni e 9 mesi e 20 giorni di reclusione. A difendere gli imputati, gli avvocati Marco Petternella di Rovigo e Luigi Migliorini di Adria.
Assolti Mario Crepaldi, difeso dagli avvocati Massimiliano Ponzetto e Roberto Micheletti, e Alberto Albertini, difeso dagli avvocati Alessandra Chiantoni e Monica Previato, da tutte le ipotesi di reato a loro carico, perché il fatto non costituisce reato. Assoluzioni anche per altri imputati da specifici capi di imputazione.
Nel dettaglio del dispositivo, per i sei condannati hanno retto le ipotesi di omicidio colposo plurimo, per le quattro morti, e di getto pericoloso di cose, per le emissioni moleste per alcuni residenti di Ca' Emo, per un arco temporale, però, più ristretto di quello contestato dall'accusa. Per nessuno di loro ha retto, invece, l'ipotesi di omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro. Per quanto concerne la violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro, vi sono posizioni molto variegate e differenziate, con varie assoluzioni, a seconda delle singole posizioni.
Per quanto concerne invece i risarcimenti in favore delle parti civili, i sei condannati dovranno risarcire complessivamente, ai familiari dei defunti, circa 1.400.000 mila euro. Oltre a 250mila a Inail e ad altre somme che dovranno essere quantificate dal giudice civile; 85mila euro andranno complessivamente alle associazioni ambientaliste e alle istituzioni costituite parte civile; 6mila a testa a ognuno dei 24 privati cittadini di Ca' Emo costituiti. Un totale importante, ma che resta da vedere se e quanto sarà esigibile, alla luce dei dubbi sulla solvibilità degli imputati, in particolare a fronte di somme di questo tipo.
Si andrà ovviamente, in Appello.
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