VOCE
CGIA VENETO
02.10.2021 - 09:40
Salario minimo per legge a 9 euro lordi all’ora ? Non serve, c’è già. Se conteggiamo anche la liquidazione (o TFR)[1], istituto che tra i grandi paesi d’Europa è presente solo in Italia, nei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) sottoscritti dalle principali associazioni datoriali e sindacali, la retribuzione oraria è già oggi superiore ai 9 euro lordi; anche in quasi tutte le categorie dell’artigianato che, tradizionalmente, è il comparto che conta i livelli retributivi d’ingresso più bassi tra tutti i settori economici del Paese. A dirlo è l’Ufficio studi della CGIA.
· In Veneto tutti i dipendenti artigiani sono coperti dal contratto integrativo regionale
Se oltre alla liquidazione aggiungiamo anche le quote retributive riconducibili ai contratti integrativi regionali e/o aziendali, al welfare aziendale e alle altre indennità non incluse nelle tabelle retributive dei rispettivi CCNL (cioè in tutti i casi dove a firmare gli accordi sono le parti sociali più rappresentative del Paese), il minimo salariale è ben sopra i 9 euro lordi all’ora, anche nell’artigianato. In Veneto, in particolar modo, ci sono ben 11 contratti integrativi regionali di lavoro[2] che coprono praticamente tutti i 240 mila lavoratori dipendenti dell’artigianato.
· Il pericolo dell’effetto trascinamento
Chi ritiene sia necessario introdurre per legge il salario minimo non tiene conto anche dell’effetto trascinamento che questa misura comporterebbe. Se, infatti, si ritoccasse all’insù la retribuzione prevista dai CCNL dei livelli più bassi, portandola a 9 euro lordi, la medesima operazione dovrebbe essere effettuata anche per gli inquadramenti immediatamente superiori. Diversamente, molti lavoratori si vedrebbero ridurre o addirittura azzerare il differenziale salariale con i colleghi assunti con livelli inferiori, pur svolgendo mansioni superiori a questi ultimi.
· Il problema è la proliferazione dei contratti “pirata”
Come spesso succede in Italia, la politica denuncia problemi reali, ma al termine della riflessione propone soluzioni sbagliate. Come in questo caso. In Italia è assolutamente vero che molti lavoratori presentano livelli retributivi molto bassi. Questo succede perché nella stragrande maggioranza di questi casi le aziende in cui lavorano vengono applicati CCNL firmati da associazioni imprenditoriali e da sigle sindacali non rappresentative che, grazie al vuoto normativo sulla rappresentanza sindacale presente nel nostro paese, possono praticare dumping sociale ed economico. In altre parole, dei 985 contratti di lavoro presenti in Italia, il 40 per cento circa è sottoscritto da sigle “fantasma” che non rappresentano nessuno, ma diventano il refugium peccatorum per molti imprenditori spregiudicati che riescono ad “aggirare” i CCNL sottoscritti dalle sigle sindacali più rappresentative. Una pratica sempre più diffusa che consente a tanti titolari d’azienda di applicare contratti “pirata” con paghe orarie da fame, spesso senza riconoscere nessuna voce aggiuntiva alla retribuzione, riducendo ai minimi termini l’indennità di malattia, il monte ore permessi e l’accesso alla formazione professionale.
· Serve una legge sulla rappresentanza sindacale
In un Paese democratico la libertà sindacale è un diritto inviolabile, tuttavia ciò non vuol dire che si debbano riconoscere a livello nazionale contratti di lavoro firmati da organizzazioni imprenditoriali e sigle sindacali “fantasma” che non rappresentano nessuno, se non chi li ha sottoscritti. Questa frammentazione contrattuale sta provocando un grave danno per le associazioni datoriali serie e, soprattutto, per i diritti dei lavoratori. Pertanto, per bloccare l’applicazione di contratti di lavoro “anomali” con retribuzioni minime orarie inaccettabili, secondo la CGIA sarebbe necessario approvare una legge sulla rappresentanza sindacale. Una richiesta che in Parlamento giace da molti decenni. Se, aiutate dalle parti sociali, le forze politiche riuscissero a fare sintesi e approvare una norma sulla rappresentatività, sparirebbero quegli accordi collettivi che, anziché tutelare i lavoratori dipendenti, “premiano” imprenditori a dir poco “sfrontati”.
· Buste paga più pesanti con meno tasse e contributi
Tuttavia, il problema rimane, anche in Veneto le retribuzioni nette sono basse. Per renderle più pesanti, comunque, siamo convinti che non sia sufficiente normare solo la rappresentanza sindacale, bisogna tagliare anche le tasse e i contributi. Un operazione che è iniziata con il Governo Renzi ed è proseguita, in modo del tutto insufficiente, con gli esecutivi Gentiloni e Conte 1.
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