VOCE
LA GRANDE MOSTRA
06.08.2022 - 07:00
Era il 22 marzo 1935, un assolato venerdì pomeriggio, alla stazione di Rovigo la nazionale italiana di calcio, già campione del mondo 1934, prende il treno per Venezia-Vienna viaggiando verso la partita di coppa Europa.
Su un altro binario, si fermava il locale proveniente da Padova. Da questo scendeva un ragazzo, Dino Lanzoni, studente di medicina al Bo, l’ateneo patavino. Nella valigia, con qualche libro, aveva probabilmente i panni da far lavare a casa. In mano, soppesava una strana palla ovale. Un giocattolo da perditempo, avranno forse pensato i suoi coetanei.
Lanzoni aveva scoperto il rugby al Guf (Gruppo universitario fascista) di Padova, grazie ad alcuni studenti inglesi. E a loro aveva chiesto in prestito un pallone per fare conoscere il gioco ai suoi amici.
Lanzoni, racconteranno poi le cronache, corre filato al piazzale dello stadio in viale Tre Martiri senza essere consapevole che da quella palla e da quel gruppetto di 12 ragazzi, quel venerdì di marzo, avrebbe dato inizio alla storia di Rovigo “città in mischia”.
Che, non a caso, è il titolo della grande mostra curata da Ivan Malfatto, Willy Roversi e Antonio Liviero, da una idea di Sergio Campagnolo, che sarà al Roncale dal 22 ottobre al 29 gennaio dell’anno prossimo, per iniziativa della Fondazione Cariparo.
Lanzoni, nato a Lendinara il 17 settembre 1915, viene a vivere a Rovigo nel 1934 quando il padre Francesco, chimico e farmacista originario di Castel Bolognese, direttore dello zuccherificio lendinarese, acquista la storica farmacia “Tre Colombine”.
Lanzoni contribuisce alla storia del rugby Rovigo non solo portando un pallone, ma diventando di fatto il padre del rugby rodigino. E’ allenatore della squadra, che inizia a giocare dal 1936, a fianco del francese Jean Brana. E’ l’artefice dei colori sociali: alle prime maglie azzurre sono sostituite quelle rossoblù quando una muta viene donata dal Bologna calcio, grazie alla conoscenza personale con i giocatori che frequentano lo stesso luogo di villeggiatura della famiglia Lanzoni, a Cesenatico. Diventa giocatore insieme al fratello Alberto Mario, figurando spesso nei tabelloni sotto falso nome, perché i genitori disapprovano.
Nel dopoguerra è dirigente, presidente per sette stagioni (da quella del quarto scudetto nel 1953-54 al 1959), medico sociale, consigliere federale (1947-49, 1959-65, gli ultimi due anni vice presidente della federazione).
Lanzoni accompagna la vita della squadra per decenni, svolgendo contemporaneamente la professione di medico condotto e allestendo il primo ambulatorio di medicina sportiva a Rovigo. Resta vicino alle sorti rossoblù anche quando non è più dirigente attivo. Muore per un infarto il 24 marzo 1988, 55 anni e 2 giorni dopo aver fatto rotolare quel pallone diventato tanto importante per Rovigo.
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